"Il mio Dante e la sua Firenze matrigna: da quel dolore nasce la grande poesia"

Pupi Avati svela i set dove girerà il film sul padre della Commedia: Orsanmichele, la Badia, il Battistero, Palazzo Davanzati. "Ce lo hanno tramandato brutto, voglio raccontare la sua forza seduttiva"

Pupi Avati girerà a Firenze il film sulla vita di Dante

Pupi Avati girerà a Firenze il film sulla vita di Dante

Firenze, 12 marzo 2021 - Dopo quasi un ventennio di gestazione, a maggio arriverà il primo ciak. Pupi Avanti comincia finalmente a girare il suo film su Dante, ambientato in gran parte a Firenze, scegliendo quel che resta dei vicoli medievali, ma soprattutto portando i set dentro ai grandi monumenti da sempre simboli della città. Maestro, ci accompagna in questo viaggio sui luoghi di Dante? Dove girerà? «Inizieremo le riprese nel Lazio, per spostarci poi a Firenze e in molti altri luoghi della Toscana e della Romagna. E poi saremo a Cinecittà, dove ricostruiremo parte della città che non c’è più». Ad esempio, cosa ricostruirà? «Ricreeremo una serie di edifici e torri, come la casa degli Alighieri, dei Donati, dei Portinari e così via. Ma entreremo con la macchina da presa anche dentro a tanti monumenti che invece esistono». Quali avete scelto? «In lista ci sono la chiesa di Santa Margherita dei Cerchi, il Battistero di San Giovanni, la chiesa di San Martino al Vescovo, la Badia Fiorentina, Orsanmichele, e gli interni di Palazzo Davanzati. Sono previste anche l’abbazia di San Michele Arcangelo a Passignano e di Vallombrosa. E’ una lunghissima mappa, realizzata in collaborazione con il Comune di Firenze attraverso l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi e la Film Commission toscana, con il direttore Stefania Ippoliti che ringrazio. E poi sempre da Firenze ho il coinvolgimento di importanti dantisti come Franco Cardini, Silvia Diacciati e alcuni membri dell’Accademia della Crusca». 

Pupi Avati a Ravenna di fronte alla tomba di Dante

Che Firenze ha cercato? «La Firenze angusta, buia, con le case l’una addossata alle altre, con ponticelli che collegano lo stesso appartamento da un vicolo all’altro, non certo la città della grandi prospettive architettoniche rinascimentali. Insomma, l’atmosfera medievale». Cosa le interessa principalmente di Dante? «Mi interessa soprattutto la seduttività di un ragazzo che ha vissuto un’adolescenza nel dolore. A cinque anni ha perso la madre, a nove si innamora follemente di una bambina coetanea, che lo saluterà solo dopo altri nove anni. Una bimba che sposa un altro e che muore giovane. La stessa che lo convince ad affidarsi alla poesia, che in lui sgorga in un modo incredibile, come possiamo scoprire nella Vita Nova. Ecco, questo testo è la password per avvicinarci a Dante non in un modo istituzionale o come si faceva a scuola, almeno quella dei miei tempi, che ha fatto di tutto per rendercelo distante, un personaggio inesplicabile, con un’iconografia indecente...» In che senso? «Nel senso che ce lo hanno consegnato con una bruttezza senza pari, con quel profilo e quel naso. Non c’è un’immagine di Dante frontale, con i due occhi: è sempre nel suo aspetto peggiore. Forse per farlo diventare un personaggio molto compito, consapevole del suo valore e risentito. Io invece cerco di renderlo estremamente seducente». E come ha fatto? «Siccome è difficile, ho cercato la mediazione di un intellettuale di quel tempo, il primo grande innamorato di Dante, il primo dantista della storia della nostra lingua e letteratura che è Giovanni Boccaccio».  Che sarà interpretato da Sergio Castellitto. E Dante invece, da chi sarà interpretato? «Ci saranno tre interpreti, per tre età diverse, a cinque, nove e da adulto. E li stiamo ancora scegliendo». 

Sergio Castellitto sarà Giovanni Boccaccio Secondo lei Firenze ce la farà mai a rimediare ai torti che ha fatto forse al suo cittadino più illustre? «Firenze vanta misteriosamente una tale quantità di geni...E’ la città al mondo che ha prodotto la genialità nel suo stato più puro ed elevato, assoluto e sacrale. I personaggi che nascono, vivono, crescono e che si impongono partendo da quella città sono tali e tanti, al punto che c’è qualcosa di inspiegabile. Ci chiediamo come ciò sia stato possibile, non nell’arco di pochi anni, ma in una lunga stagione, dal Medioevo al Rinascimento». Però è sempre stata una città un po’ matrigna... «Ma probabilmente questa è stata una componente essenziale».  E cioè? «Col mio film cerco di raccontare come l’emarginazione e il dolore siano condizioni e essenziali per produrre eventi poetici, sensibilità poetiche. La solitudine e la distanza fanno sì che una persona maturi dentro di sé la necessità di essere risarcita. E infatti, tutto quello che Dante fa da un certo punto in avanti, è solo per essere risarcito dai suoi concittadini, per poter essere restituito a Firenze nel suo Bel San Giovanni ed essere incoronato poeta». Ma non ci riuscirà... «No, malgrado la sua Commedia, ciclopica, che entra nelle dismisure, come la Cappella Sistina. Due opere concepite e realizzate da una persona sola, da

La Cappella Sistina

una sola energia, non da una quadra. Dante poi si trova nelle condizioni più disperate, anche di miseria e di pericolo, perché vive perennemente con l’angustia di essere o bruciato vivo o decapitato. Non riesce neppure a consegnare e pubblicare il Paradiso, perché muore prima. Lo finisce ma lo nasconde. Quindi non ha neppure la soddisfazione di essere apprezzato per la sua opera. In parte lo era, perché l’Inferno e il Purgatorio già circolavano con grande successo. Ma insomma, a lui non è che arrivassero i diritti di autore».

Sono tanti anni che pensa di realizzare questo film... «Si, sono 17 anni che ci provo». E perché inizia a girare solo ora? Forse è stata una buona occasione l’anniversario dei 700 anni dalla morte dell’Alighieri? «Beh, proprio quest’anno non potevano continuare a dirmi di no. In questi giorni vanno in onda la vita di Nada, di Carosone e di Totti...» Vuol dire che forse era bene fare anche un film sulla vita sul Sommo Poeta? «Esatto, sulla vita di Dante non si era mai girato niente». Come lo spiega? «Perchè quando parli e proponi Dante mandano tutti gli occhi al cielo, pensano che sia qualcosa di stantio, di superato... non so. E d’altra parte capisco perchè nessuno ci abbia mai provato o abbia insistito più di tanto: perchè fare un film sulla sua vita significa misurarsi con l’ineffabile. La sua esistenza presenta aspetti misteriosissimi, inestricabili. Mentre tutto sommato la vita di Carosone, bene o male la puoi scrivere e condividere senza troppe difficoltà».

Il regista Pupi Avati