29 agosto 1862, Garibaldi ferito alla gamba. A Firenze la verità mai raccontata

Quella che ripercorriamo oggi è una versione dei fatti inedita che i libri di scuola non raccontano. Grazie al professor Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini dove sono conservati elementi, carteggi e cimeli di quanto avvenuto

Garibaldi ferito alla gamba (foto web)

Garibaldi ferito alla gamba (foto web)

Firenze, 29 agosto 2022 - Il 29 agosto 1862, durante la battaglia sull'Aspromonte, avvenne il celebre ferimento di Giuseppe Garibaldi, rimasto nella memoria popolare perché lo rese per sempre claudicante. Quel giorno l’esercito regio arrestò il tentativo di una marcia verso Roma dell'eroe dei due mondi, da dove voleva scacciare Papa Pio IX. Quello scontro fu la prima battaglia fratricida tra italiani: l’ordine era di fermare l’eroe del Risorgimento, a tutti i costi. Un "amaro compito" che da Torino ritenevano necessario, poiché attaccare il Papa significava distruggere l’alleanza, e dunque dire addio alla protezione di Napoleone III, avvantaggiare le mire austriache e di conseguenza indebolire il Regno che si stava formando. Fu il bersagliere Luigi Ferrari a sparare quel colpo, mirando volutamente in basso e non a morte. In realtà quel che accadde quel giorno è avvolto nel mistero, e c’è un’altra versione dei fatti, i cui elementi sono conservati a Firenze, alla Fondazione Spadolini Nuova Antologia. Ce ne parla in esclusiva il professor Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione. Il mistero della pallottola “La pallottola – spiega il professor Ceccuti - estratta dal medico Ferdinando Zannetti dell’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova, venne conservata a lungo all’università di Medicina di Firenze. Se ne discusse molto all’epoca, perché era piccola. Suscitò molti sospetti perché bisogna tenere presente che i soldati italiani avevano il moschetto caricato a pallettoni: chi la analizzò scrisse nei reperti che era stata ‘levigata’. In pratica aveva prima sbattuto su una pietra, poi era andata a strisciare contro l’albero famoso, infine aveva colpito la gamba di Garibaldi. In questo tragitto la pallottola si sarebbe “ridotta”. Ma il sospetto che le cose fossero andate diversamente fece propendere anche per un’altra versione: quella pallottola era compatibile con un colpo di pistola, non con quello di un fucile. Ma le pistole non le avevano i soldati, ma solo gli ufficiali. Secondo alcuni sarebbe stato il colonnello Pallavicini a sparare a Garibaldi per evitare una guerra civile: ma questo non poteva essere detto. Che a sparare fosse stato un Ufficiale dell’esercito sardo, un eroe nazionale, andava taciuto. Bisogna tenere presente che colpire qualcuno a un piede o a una gamba, all’epoca, significava fargliela saltare, azzopparlo. Su entrambe le versioni resta il mistero: che sia stato un incidente fortuito o meno, che si tratti di pallottola di moschetto rimbalzata e 'levigata', oppure quella della pistola di un ufficiale, la certezza non c’è”. Le lettere e il dubbio dei medici sull’amputazione “La Fondazione Spadolini ha ricevuto dalla signora Rubieri, l’ultima discendente del medico Ferdinando Zannetti, le lettere con cui il dottore si teneva in contatto con gli altri medici che assistevano Garibaldi, che a loro volta gli facevano il resoconto sulle condizioni dell’eroe dei due mondi, che aveva febbre e dolori. Lo curavano con le mignatte, coi salassi: era l’unica cura che c’era, l’unico rimedio per fargli abbassare la pressione. Tra i dottori che lo assistivano c’era Albanese Ospertani, che non trovando una soluzione, non riuscendo a farlo star meglio, era propenso per tagliargli la gamba. Nel rendiconto giornaliero, i medici registravano il malumore del generale, per una situazione e una ferita che non andava affatto migliorando, anzi, che gli procurava dolore, febbre, gonfiore. Ma la decisione di un’amputazione a una gamba di un Generale non era facile da prendere, per questo i medici temporeggiavano”.

Il caso Mameli “Fortunatamente – spiega il professor Ceccuti - rispetto a quanto avvenuto tredici anni prima a Goffredo Mameli, la medicina aveva fatto dei progressi. Mameli, colpito di striscio da fuoco amico, per un colpo partito dagli stessi garibaldini, muore per cancrena, atrocemente ma eroicamente: non si lamentò mai nonostante i dolori indicibili. Era capitato che un pezzo di pantalone finì nella ferita e col sudicio procurò l’infezione che gli fu fatale: si spense in pochi giorni”. Un altro mistero: la pallottola era ancora nella ferita? “Nessuno sapeva con certezza se la pallottola era ancora nella gamba di Garibaldi. Mentre i medici tergiversavano sulla possibilità di amputare l’arto, un nuovo ausilio medico, lo 'specillo', inventato da un dottore francese, risolse la situazione: si trattava di una sorta di pinzetta lunga e stretta che all'estremità terminava con della porcellana: doveva essere inserita e girata nella ferita. A quel punto, se la porcellana diventava nera, questa era la prova della presenza del piombo. L’oggetto si annerì e di fatti la pallottola venne trovata a circa cinque centimetri nella gamba di Garibaldi. L’operazione avvenne a 80 giorni dall’episodio: il 23 novembre. Dalle lettere del dottor Ferdinando Zannetti sappiamo tutto: fu anche accusato sia da alcuni colleghi di essersi vantato pur sapendo di aver eseguito una semplice operazione, che da gente qualunque, che gli scrisse di aver salvato la vita a un “brigante e criminale” che volendo marciare su Roma stava per compromettere l’unità d’Italia. Ma ha anche ricevuto, e la Fondazione Spadolini la custodisce, la lettera di Garibaldi in cui gli scrisse che dopo un anno cominciava a stare meglio, e intendeva venire a Firenze per ringraziarlo per quanto aveva fatto. I cimeli conservati alla Fondazione Spadolini “Oltre alle lettere di Ferdinando Zannetti, la Fondazione conserva gli arnesi con cui operava, le pinze, i bisturi coi quali incideva le ferite, il lapis col quale segnava la zona sulla quale incidere e intervenire. Attrezzature avanzatissime per l’epoca. E poi i quadri, il suo ritratto, il suo busto. Zannetti era infatti un personaggio autorevole, un grande medico. Era un patriota decorato, colui che andò ad assistere volontariamente i nostri ragazzi a Curtatone e Montanara. Bisogna tenere presente che all’epoca non esisteva ancora la Croce Rossa, e lui fece volontariamente il medico da campo: curava tutti, anche gli austriaci e non si fece mai pagare. Considerato un democratico rivoluzionario, venne poi cacciato via da Santa Maria Nuova, perse il posto. Ma glielo ridarà Bettino Ricasoli”. Nasce oggi John Locke nato il 29 agosto 1632 a Wrington, Regno Unito. Tra i più noti e influenti filosofi, anticipatore dell'illuminismo e del criticismo, è stato il padre del liberalismo e dell'empirismo moderno. Ha detto: "L'unica difesa contro il mondo è conoscerlo bene".

Maurizio Costanzo