28 luglio 1920, Pancho Villa si arrende. È la fine della rivoluzione messicana

Si è battuto per la distribuzione delle terre ai contadini, istanze che furono accolte nella Costituzione approvata nel 1917

Pancho Villa (secondo da destra) tra alcuni capi dell’insurrezione

Pancho Villa (secondo da destra) tra alcuni capi dell’insurrezione

Firenze, 28 luglio 2022 - Mentre in Europa e nei territori coloniali le grandi potenze si fronteggiavano minacciosamente, negli ultimi decenni dell’ottocento l’America Latina, dopo un periodo di guerre civili e di colpi di stato, entrò in una fase di tranquillità politica e di grande sviluppo economico.

I Paesi latino americani, soprattutto i maggiori come l’Argentina il Brasile, avevano allacciato rapporti commerciali sempre più stretti con l’Europa e il Nord America, dove esportavano grandi quantità di prodotti agricoli e di allevamento, carne, grano, caffè. Inoltre i capitali accumulati con la vendita delle derrate alimentari e gli investimenti provenienti dall’Europa diedero l’avvio a un certo sviluppo industriale e alla costruzione di strade e ferrovie. In questo periodo l’America Latina divenne una regione di forti immigrazioni: molti europei, soprattutto italiani e spagnoli, erano attirati dalla carenza di manodopera nelle attività agricole e minerarie, e dalla presenza di vasti spazi non ancora sfruttati. L’Argentina nel giro di 50 anni aumentò la sua popolazione da 1 milione e mezzo a quasi 8 milioni, dei quali più del 70% era formato da immigrati.

Ma lo sviluppo economico non aveva risolto i contrasti e gli squilibri di una società sempre più divisa in due classi: da una parte una ristretta oligarchia di proprietari terrieri che deteneva anche il potere politico, e dall’altra una massa di contadini poveri e privi di terre. Queste contraddizioni sociali esplosero con violenza in Messico, che agli inizi del XX secolo fu infiammato da una violenta rivoluzione grazie alla quale le masse di contadini nullatenenti ottennero la distribuzione delle terre dei ricchi latifondisti. In una prima fase la rivoluzione messicana (1910-1917) fu guidata da Francisco Madero, un politico che accusava il presidente Porfirio Diaz di aver soffocato la libertà con elezioni truccate. Ben presto però nella rivolta entrarono due protagonisti più legati ai bisogni e alle rivendicazioni dei contadini messicani: Pancho Villa ed Emiliano Zapata.

Pancho Villa era un contadino che si era dato al banditismo dopo aver ucciso un proprietario terriero che aveva commesso un sopruso nei confronti della sua famiglia. Quando Madero dagli Stati Uniti, dove si era riparato per sfuggire alla repressione di Diaz, lanciò un appello all’insurrezione, Pancho Villa si trasformò da bandito in guerrigliero combattente per la rivoluzione contadina. Subito dimostrò le sue grandi doti di generale sconfiggendo più volte le truppe governative. Zapata era invece figlio di piccoli proprietari terrieri spogliati della loro terra, come tanti altri messicani, dai potenti proprietari delle grandi ‘haciendas’. Dopo quattro anni le forze rivoluzionarie messicane entrarono nella capitale Città del Messico e le idee ispiratrici della rivoluzione, in particolare la distribuzione delle terre ai contadini, furono accolte nella Costituzione approvata nel 1917. Era il 28 luglio 1920 quando Pancho Villa si arrese e sciolse la sua banda, ritirandosi a vita privata.

 

Il bandito eroe voleva finire i suoi giorni conducendo una vita tranquilla da proprietario terriero. Sebbene avessero conseguito tali successi, i principali artefici della rivoluzione furono uccisi dalle forze più conservatrici: Madero venne trucidato nel 1913, mentre Zapata e Villa caddero in una imboscata nel 1919 e nel 1923.

 

Nasce oggi

 

Karl Popper nato il 28 luglio 1902 a Vienna. Grande filosofo ed epistemologo, difensore della libertà e della democrazia, avversò ogni forma di totalitarismo. Ha detto: “Ogni qualvolta muore un uomo, è un universo intero a venire distrutto. Ce ne rendiamo conto non appena ci identifichiamo con quell’uomo”.

 

Maurizio Costanzo