
Turismo e sviluppo Motore dell’economia o fonte di precarietà Il dilemma occupazione
di Lisa Ciardi
FIRENZE
"Non è colpa del turismo se in città come Firenze cresce maggiormente la quota di lavoratori assunti con contratti a termine o in somministrazione".
A dichiararlo, il presidente di Confcommercio Toscana Aldo Cursano, che è anche vicepresidente nazionale di Fipe, la federazione italiana dei pubblici esercizi.
"L’attività di alberghi, bar, ristoranti, campeggi e stabilimenti balneari è caratterizzata da sempre da un alto tasso di stagionalità – prosegue - così le imprese offrono quello che possono offrire. E, forse, senza turismo non ci sarebbero neppure quei posti di lavoro temporanei. Sul versante delle retribuzioni, non sempre soddisfacenti se paragonate al costo medio della vita, serve rimettere al centro la contrattazione collettiva portata avanti dalle sigle veramente rappresentative del mondo datoriale e dei sindacati dei lavoratori. Oggi proliferano contratti ‘pirata’ che espongono i lavoratori al rischio di un ribasso nelle retribuzioni medie e a minori tutele. Forse per ristabilire l’ordine servirebbe anche una legge sulla rappresentanza".
"Purtroppo il vero humus del lavoro precario, prima ancora che il sistema imprese, è un Paese in cui la crescita è al palo ormai da oltre trenta anni – dichiara il direttore generale di Confcommercio Toscana Franco Marinoni - in cui ‘instabilità’ è la parola d’ordine di politica ed economia, in cui il clima di fiducia è ai minimi termini. Insomma, se il lavoro è precario è perché l’Italia è un Paese precario. Il lavoro in Toscana si sta impoverendo. Ovvero cresce all’insegna della precarietà, dell’instabilità e di stipendi spesso troppo bassi. Da questo assunto, incontrovertibile, parte l’analisi diffusa qualche giorno fa da Cgil, che contiene interessanti elementi di riflessione. La nostra economia regionale, poi, non è legata solo al turismo. E per fortuna. Possiamo contare anche su commercio, servizi innovativi, manifatturiero e agricoltura. Ed è evidente che se la crisi occupazionale permane è sintomo della difficoltà di tutti questi settori, nel complesso, a trovare nel nostro Paese una rampa di lancio per la crescita. Un altro fattore che non aiuta è la tipologia dell’impresa media italiana: piccola o piccolissima, spesso a gestione familiare: è naturale che sia più fragile di fronte alle fluttuazioni dell’economia internazionale". Quali dunque le soluzioni? Secondo Confcommercio Toscana, "oltre alla necessità di puntare allo sviluppo per recuperare tutti quei gap (infrastrutturali e non solo) che stanno rallentando la corsa del nostro Paese, servono provvedimenti concreti che favoriscano l’uso di forme contrattuali stabili nelle imprese".
"Prima di tutto il taglio del cuneo fiscale – ricorda Marinoni – visto che gli oneri a carico delle aziende sono ancora troppo alti e nelle tasche dei lavoratori finisce solo la metà di quanto gli imprenditori versano. Speriamo quindi che il Governo prosegua sulla strada dei tagli. Ma ragionando in un quadro macroeconomico serve che il nostro Paese punti allo sviluppo, trainando tutte le imprese del sistema".