“Onirica realtà”, la personale di Mario Bettazzi

La mostra apre oggi al museo di Lucignano, curata da Lucrezia Lombardo

la mostra

Arezzo, 2 luglio 2023 – S’inaugura oggi alle ore 17.30 al Museo Comunale di Lucignano la mostra personale di Mario Bettazzi, intitolata “Onirica realtà” e curata da Lucrezia Lombardo. L’esposizione, realizzata con il Patrocinio del Comune di Lucignano ed in collaborazione con l’Assessore alla Cultura, Serena Gialli, sarà in corso fino al 30 luglio e sarà visitabile, tutti i giorni, dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 19. Mario Bettazzi è uno dei maggiori artisti figurativi del territorio e vanta una storia decennale di mostre personali in Italia e all’estero. La possibilità di gustare la sua arte all’interno della storica cornice del Museo Comunale di Lucignano è dunque qualcosa di assolutamente unico, nella misura in cui la celebre istituzione culturale ha ospitato, in questi anni, le mostre di alcuni dei principali artisti contemporanei, spaziando dallo stile figurativo, fino all’astrattismo e al concettuale. Quella di Bettazzi è senz’altro una pittura metafisica, in cui, sagome e corpi adagiati, restano in attesa, a fianco di colonne, su sedili di pietra, o all’interno di stanze che hanno per pareti il cielo. La poetica dell’autore possiede in sé tutta l’essenza della tradizione inaugurata da Piero della Francesca, sebbene la decontestualizzazione e il senso di staticità delle figure vengano adattati all’età contemporanea. Protagonisti delle ampie tele del maestro sono infatti scenari a metà tra l’onirico e il reale: giovani donne perse nei loro sogni e preda di un’infanzia che non le lascia crescere, interni che hanno la fisionomia di micro-città, simboli marini -come conchiglie o scogli- che paiono alludere al mito di Atlantide, traccia dell’anima del pittore. Lo stie di Bettazzi, pur non discostandosi mai dalla scelta figurativa, riesce così a colmare di rimandi le tele, che si fanno enigmi da interpretare. La pittura dell’autore non è quindi un linguaggio semplice o che si limita alla mera riproduzione: siamo piuttosto dinnanzi a codici di significati che richiedono un’attenta osservazione, per riuscire a superare le forme e penetrare nell’universo dell’artista. Un mondo ricco di richiami d’infanzia, in cui il colore determina stati d’animo e nel quale i protagonisti sono sempre segnati da una profonda malinconia, che rompe l’equilibrio apparente degli scenari e che è simbolo stesso della condizione umana e della sua fatica. Le donne, protagoniste in molte opere, hanno lo sguardo perduto verso un orizzonte ignoto, o il capo girato dall’altra parte rispetto all’osservatore, come se Bettazzi non volesse che il mistero delle sua poetica fosse svelato del tutto. È proprio questa, del resto, la forza metafisica di una simile pittura: mostrarsi, assumendo forme realistiche, ma senza svelare il significato ultimo della ricerca. L’artista è colui che tenta di conferire forma ai propri vissuti attraverso un linguaggio espressivo e, tuttavia, nonostante lo sforzo certosino, l’essenza delle cose sfugge e ciò che di esse resta è solo “il guscio visibile”.

Nativo di Poppi, Bettazzi si è dedicato alla pittura sin da giovanissimo, esponendo presso importanti sedi internazionale e sviluppando, negli anni, uno stile figurativo controtendenza, che lo ha spinto a sondare la realtà sino all’ossessione, convinto com’è della complessità concettuale che già il visibile contiene. La scelta figurativa è quindi per Bettazzi una dichiarazione d’intenti: impiegare la rappresentazione come via per toccare l’anima, scegliendo di conservare la figura, tanto da esasperarla, invece di dissolverla. In tal senso, il figurativo e l’informale inseguono, di fatto, il medesimo scopo, sebbene vi giungano per vie differenti: cercare un modo per dare voce a un sentire, che è poi l’obiettivo di ogni forma d’arte, al di là dello stile.

La pittura di Bettazzi si caratterizza, altresì, per un’atemporalità che riesce a forare la cronologia, restituendo alle cose la loro essenza. Ecco che, la tela, diviene una sorta di portale, grazie al quale l’artista immette il fruitore in un mondo in cui passato e futuro si dissolvono in un eterno presente, in un luogo in cui infanzia ed età adulta si toccano ed in cui inconscio e coscienza appaiono come volti di una dimensione unitaria. I colori tenui accrescono ulteriormente questa tendenza all’unità, inducendo un sentimento di serenità, che non è leggerezza, bensì consapevolezza. Tutto, infatti, nella poetica dell’autore pare nascere dal desiderio d’impiegare le forme come strumenti per superare il reale stesso e la sua fisionomia di confini. È proprio in un simile paradosso la forza del linguaggio figurativo: spingere all’estremo la rappresentazione, conservandone ogni dettaglio, così da rendere attuale l’invisibile. La pittura riflessiva e contemplativa di quest’autore è perciò un inno a quella dimensione spirituale, giacente nel profondo di ciascuno, in cui il visibile trasfigura in eterno.