Il diritto di "allaccio" all’impianto è garantito ma deve essere pagato

Gli interessati all'allaccio all'ascensore installato a proprie spese da alcuni condomini hanno diritto a farlo. Il costo deve essere calcolato in base al valore attuale, svalutato e con eventuali interventi di manutenzione. La Corte di Cassazione ha stabilito il criterio da seguire.

Gentile avvocato,

lo stabile dove vivo è di sei piani. I proprietari del quinto e del sesto piano, circa otto-nove anni fa hanno a proprie spese fatto installare un ascensore. Ora tutti gli altri condomini (a parte quelli del piano terreno) hanno chiesto il cosiddetto "allaccio". Qual è la corretta procedura da seguire in casi come questo? Come si calcola la quota che i nuovi interessati devono pagare a chi ha realizzato l’impianto a suo tempo?

Un gruppo di condomini, Arezzo

Risponde l’esperto

Il diritto al richiesto allaccio è assolutamente sacrosanto. Il criterio generale è che i condomini che "ab origine" non avevano espresso la volontà d’installare l’ascensore e non si erano interessati all’innovazione, mantengono a vita (anche per gli aventi causa, ovvero acquirenti o eredi) il diritto di allacciarsi all’impianto acquistandone, pro quota, la proprietà. L’allaccio è un acquisto pro quota pari ai millesimi indicati nella relativa tabella e, come tale, deve essere pagato.

Su questo aspetto sono nate le più aspre diatribe che, nel corso degli anni, hanno portato anche la Suprema Corte di Cassazione a intervenire in materia. In sintesi, il costo deve essere parametrato al valore attuale (costo iniziale indicizzato o valore al nuovo), abbattuto di un coefficiente di svalutazione perché l’impianto non è più nuovo, implementato per il valore di eventuali interventi di manutenzione, conservazione o adeguamento che siano stati svolti nel corso degli anni. Il risultato di questo calcolo va valutato poi in base ai millesimi dei singoli richiedenti.