Il caso del parà morto. Scieri, colpo di scena. Crolla la testimonianza. Assolto uno dei “nonni“

L’ex caporale Antico: "Io in quei giorni non ero a Pisa, ma ero in licenza". Prima della sentenza è uscito dall’aula per l’emozione. Il pm chiedeva 17 anni.

di Carlo Baroni

PISA

Granitico: "Non sono un assassino e, in quei giorni, ero in licenza". Andrea Antico, l’ex caporale della Folgore, accusato dell’omicidio aggravato in concorso di Emanuele Scieri, l’ha detto ai giudici della corte d’appello di Firenze prima che si ritirassero in camera di consiglio. Poi, però, alla lettura del dispositivo che ha confermato la sentenza di assoluzione del gup di Pisa del 2021, Antico non c’era: "Non era presente perché non reggeva emotivamente questo momento", hanno detto i suoi avvocati, Fiorenzo e Alberto Alessi che nelle loro arringhe avevano puntato il dito sull’attendibilità del testimone chiave dell’accusa, il commilitone Meucci, offrendo "prove logiche" sulla abitudini del loro assistito per validare il fatto che non avrebbe avuto ragioni, durante la licenza, per trovarsi ancora lì, in caserma.

C’è un primo punto fermo significativo, dunque, per il caso in piedi da ventiquattr’anni, passato per diverse archiviazioni, riaperto nel 2018 dal procuratore Alessandro Crini sugli esiti della relazione finale della commissione parlamentare d’indagine, guidata dall’onorevole Sofia Amoddio: uno dei tre nonni finiti sotto la lente ha incassato due assoluzioni. Era il 13 agosto 1999, giorno dell’arrivo e della morte della recluta siracusana alla Gamerra di Pisa. Per l’accusa, invece, anche Antico andava condannato: il sostituto procuratore generale Luigi Bocciolini aveva chiesto 26 anni di carcere che, per effetto del rito abbreviato, sarebbero diventati 17 anni e 4 mesi. Andava condannato – per l’accusa – come Alessandro Panella e Luigi Zabara ai quali i giudici pisani hanno inflitto nel luglio scorso, rispettivamente, 26 e 18 anni di carcere (sono in attesa della fissazione del processo d’appello) avallando quel copione secondo il quale quella sera i nonni presero di mira Scieri e lui si ribellò. E c’erano tutti e tre: Zabara, Panella e Antico – secondo quando ricostruito nella sentenza di condanna dei primi due – si trovarono davanti a una reazione inaspettata del 26enne, che scatenò "un delirio di onnipotenza" degli anziani a cui seguirono atti – il cui epilogo fu l’omicidio – che i giudici pisani hanno ritenuto condivisi.

Caposaldo dell’accusa, appunto, una testimonianza chiave fondamentale per due processi sulla stessa vicenda: uno con rito abbreviato e uno con rito ordinario che fin qui hanno avuto esiti diversi. Tant’è che i giudici pisani hanno scritto nella sentenza per Panella e Zabara: "La inconfutabile dimostrazione che uno dei tre imputati – Panella, Zabara e Antico – non fosse stato a Pisa nella notte in cui è morto Scieri, avrebbe determinato la radicale ed insuperabile inattendibilità del Meucci". Infatti i difensori di Zabara, gli avvocati Di Giuliomaria e Schettini, sull’assoluzione di Antico dicono: "il pronunciamento della corte conferma l’assenza di credibilità del testimone Meucci". Credibilità, appunto, che dovrà passare al vaglio del secondo grado per Zabara e Panella.

L’avvocato Alessandra Furnari che con il collega Ivan Albo assiste la famiglia Scieri, ha già gli occhi puntati sul prossimo processo d’appello: "Si arriverà davanti alla corte con una sentenza di primo grado che è stata frutto di un percorso diverso: con il rito ordinario i giudici sono potuti entrare dentro una ricostruzione completa dei fatti grazie ad un’istruttoria che ha visto sfilare numerosi testimoni. Intanto le motivazioni ci diranno se quest’assoluzione di Antico potrà essere impugnata per Cassazione".