
Concato, eterno musico ambulante "Il palco è da sempre parte di me"
di Andrea Spinelli
"Il 31 maggio sono entrato nei Settanta e, a questa età, dopo 45 anni di canzoni, non siamo poi in tanti a provare ancora divertimento sul palco, ad avere tutta questa voglia di comunicare, di parlare" - ammette Fabio Concato, in scena domani all’Ultima Spiaggia di Capalbio, per un evento speciale ad invito, il 9 settembre in Piazza della Repubblica a Londa e il 10 alla Vigna Caprai di Montefalco lungo una strada ancora lunga. "Se il buon Dio mi dà la salute è difficile che nei prossimi dieci anni cambi mestiere e non vada più in giro a fare il ‘musico ambulante’. Suonare per il pubblico è proprio nelle mie corde".
Ancora più della composizione?
"Sì. Ho scritto 150 canzoni, ma il palco rimane il palco. Ne sto creando delle nuove, però sono anni un po’ confusi e non so che utilizzo farne. Pure il mondo della musica è cambiato. E ogni tanto ho la sensazione di vivere in un pianeta dove la follia fa da padrone. Molta gente sembra completamente incosciente di quello che fa, di quello che dice. Ci vorrebbe per tutti un bel percorso di analisi collettiva".
Dopo le incursioni nel jazz, porta in queste esibizioni estive il suo quartetto pop.
"Sì, anche se ci sono delle virate verso il jazz e la musica sudamericana, brasiliana in special modo, soprattutto in un brano come ‘Gigi’, dedicato a mio padre che di musica afroamericana fra le quattro mura di casa ne masticava tanta. Scoprire Gerry Mulligan e provarci a cantare sopra già all’età di tre anni è una cosa abbastanza strana per un bambino, ma a me è andata così".
A casa sua che musica si respirava?
"Quella delle orchestre di mostri sacri come Duke Ellington o Count Basie. Ma c’erano dischi pure di Miles Davis o, parlando di bossa, João Gilberto, rimasto un punto fisso pure della mia vita. Gigi aveva una venerazione assoluta per Bill Evans e penso che, se avesse potuto costruire un altare in salotto, sarebbe stato tutto per lui".
Scoprire che Rosalina “…novanta chili di libidine e bontà” oggi ha perso le sue rotondità le ha tolto un po’ di gioventù?
"Oggi è una signora sui 71-72 anni che vive a Roma ed è diventata magra. Come me l’hanno detto ho pensato ‘non è più Rosalina, ma un’altra persona’ poi, però, mi sono reso conto che pure io non sono più quello di allora e una punta di nostalgia s’è fatta sentire".
“L’aggeggino” l’ha dedicata a sua nipote Nina, detta affettuosamente Petardo.
"Nello studio ho una collezione di modellini di automobile che mi ha appena sparso su tutto il pavimento come segno del suo passaggio. Le mie figlie le ho amate, ma per Nina ho un trasporto diverso, una passione meravigliosa".
Una sua canzone in bocca a chi altro vorrebbe sentirla?
"Sarebbe meraviglioso se Stevie Wonder ne rifacesse una alla sua maniera. Ma sarebbe stato bello anche fare delle cose con Lucio Dalla e Pino Daniele. È vero che Pino scrisse il testo in napoletano di ‘Canzone di Laura’ ma avrei voluto poterlo frequentare molto di più".