ILARIA ULIVELLI
Cosa Fare

Berlinguer ti voglio bene in tv: "Ma quali moccoli irriverenti". Il popolo di Vergaio assolve il Cioni

Il mitico film di Benigni firmato da Giuseppe Bertolucci tra gli amici della casa del popolo resa famosa proprio da quella pellicola. "Il ’77 e la contestazione? Allora s’era accaniti, mica come ora".

Berlinguer ti voglio bene in tv: "Ma quali moccoli irriverenti". Il popolo di Vergaio assolve il Cioni

Berlinguer ti voglio bene in tv: "Ma quali moccoli irriverenti". Il popolo di Vergaio assolve il Cioni

VERGAIO (Prato)

Par che preghi. Un rosario laico, triviale, ma mai blasfemo. Iddio l’ha perdonato i’Ccioni Mario per quella sfilza di parolacce scagliate con la rabbia di chi la esplode all’improvviso dopo averla trattenuta per aver perso la mamma. "Ma quali moccoli irriverenti? Sbaglia chi la prende a questo modo: quello è il vero gergo pratese espresso in libertà". Un turpiloquio pieno d’invenzioni, che son lacrime di dolore. La pensa così Giovanni Masi, occhi azzurri che dicono la verità anche quando mentono, amico d’una vita del Robertaccio nazionale.

Dopo quarantasette anni cade la censura televisiva su quella sequela di improperi che Roberto Benigni spara tirando fuori da sottoterra in Berlinguer ti voglio bene, il film diretto e sceneggiato da Giuseppe Bertolucci nel 1977, trasmesso integralmente ieri sera su La7, e rivisto per la millesima volta alla casa del popolo di Vergaio "resa famosa proprio da quel film", prende atto Tiziano Meloni che ne è il presidente: "Per noi è un piacere".

I volontari sono sempre meno, ma agguerriti si tengono stretto quel pezzo di mondo antico e verace, fatto di persone, di vita, di dolori in presa diretta, senza filtri. In quella palestra di democrazia che sono le case del popolo. Del venerdì con la pizza a legna, l’orchestra e chi vuole balla proprio lì dove ballava il Cioni-Benigni quando (avvinghiato-riluttante dopo l’imbrocco) il cantante all’altoparlante annuncia che gli è morta la mamma e deve tornare a casa. Brunero Mati, amico del premio Oscar e comparsa (con vari ruoli nel film), indica dalla finestra la la pista da ballo. Il dibattito prefilm parte fra tante malinconie. Con la barba impastata fra le rughe quei vecchi amici son rimasti i ragazzi di sempre.

E’ convinto che per quello smadonnare in tv scoppierà il finimondo il sindaco di Prato Matteo Biffoni, mentre mangia il prosciutto toscano arrotolato sulla pizza. L’hanno chiamato apericena, al passo coi tempi, ma le penne alla carrettiera profumano d’aglio e d’un passato che non tornerà, con la finocchiona e il salame. Il vino rosso. Anche se in tanti si sono ormai convertiti allo spritz e non riescono a fare retromarcia.

In sala si contano 54 seggiole, non basteranno per tutti. C’è chi è arrivato da Firenze per immergersi nel clima. Nel film c’è una campagna pratese irriverente e sincera. "E una città sempre un passo avanti, il Monni e il Benigni operai lavorano alla costruzione di Pratilia, che è il primo centro commerciale d’Italia, prima che esistessero i centri commerciali" (e ora non c’è più), dice Biffoni.

E in quel Settantasette intriso di contestazione, Cioni Mario pensa – anzi è convinto – che sarà Berlinguer a salvare tutti, avviando una rivoluzione che risolverà i problemi del mondo.

Ma ci credevano davvero quei ragazzi? Brunero ci crede ancora? "Eh, a quei tempi s’era accaniti. Mica come ora". Ma non mi ha risposto, ci credevate? "Eccome, alle elezioni sembrava davvero ci fosse stata la svolta, invece poi i soliti avevano votato la Dc, senza dirlo però".

Fuori dal circolo si sentono i bassi: la musica di un corso di zumba. Al piano terra è rimasto poco del circolo che fu. L’hanno rifatto e ora c’hanno un bel mutuo sul groppone.

"E’ un po’ evvia che non si vede Roberto, da queste parti", racconta Giovanni Masi: lui forniva i costumi. Aveva un magazzino d’abbigliamento che c’è ancora e lo guida suo nipote. "Non c’erano tanti soldi, anzi non ce n’erano proprio, i costumi per gli spettacoli glieli davo tutti io". Era innamoratissimo di Nicoletta Braschi e lo è ancora. "I vestiti più belli glieli mettevo via per lei", racconta l’amico.

Ma che cos’era la casa del popolo? Era davvero la casa del proletariato. La casa della gente.

"Lo portavo io a Firenze per i primi spettacoli, si giocava insieme a poker col morto, si diceva poi si fa a mezzo, ma si perdeva sempre", racconta Brunero.

I ricordi gli sgocciolano dalla memoria, uno dietro l’altro a rincorrere quella giovinezza con i jeans a zampa d’elefante e i sogni grandi. "Televacca? Roberto mi chiedeva cosa ne pensavo... E io che ne pesnavo? Gli dicevo che era importante che fosse lì... Qui in paese non lo sostenevano mica tutti. Qualcuno mormorava". Un tempo lontano. Quando la politica era impastata con la vita di tutti e si toccava, si digeriva.

"Lui era un talento: anche con la chitarra e la fisarmonica. Con le parole e con le parolacce", Edi, passa con la pasta fumante. Una bella donna, la moglie di Brunero.

Era con lui che Benigni guardava il cielo e la luna. "Prima che la scoprissero". "Non si aveva mai sonno, e si diceva ma icché ci sarà lassù". Era destinato a diventare un grande, Roberto. Lo sapevano tutti.