
di Andrea Lorentini
Dalla panchina in Champions League contro il Real Madrid con la maglia della Roma, al concorso vinto e l’ingresso nella Polizia Penitenziaria. In mezzo anche una stagione e mezzo nell’Arezzo in serie B. La storia di Alessandro Simonetta ci insegna che il calcio, alla fine, è soltanto un gioco. Oggi ha 35 anni, è agente di Polizia Penitenziaria, ma il sogno della serie A e della musichetta della Champions l’ha accarezzato davvero, nemmeno ventenne. La sua non è la classica parabola del talento che si è perso perché non aveva la testa. Lui ha fatto una scelta di vita come ci racconta lui stesso.
"Ero reduce da alcune stagioni in C a San Benedetto del Tronto, Sud Tirol e Isola Liri. Avevo offerte anche in B, ma nel frattempo ebbi l’opportunità di fare il concorso per entrare nell’Astrea, la squadra di calcio della polizia, che milita in serie D. Lo vinsi e accettai. Era il 2010, avevo 24 anni, stava per nascere il mio primo figlio. Ebbi la lungimiranza di guardare oltre pensando che il calcio ad un certo punto finisce e che, tolta la serie A, i guadagni non sono così certi in un mondo precario. La mia è stata una scelta coraggiosa e inusuale, ma oggi posso dire che è stata quella giusta". Solo qualche anno prima, nel 2004, Simonetta è considerato uno dei talenti più puri delle giovanili giallorosse. Segna 21 gol e trascina la Primavera alla vittoria dello scudetto. Viene aggregato alla prima squadra. E’ a scuola quando riceve la telefonata che gli annuncia la convocazione in Champions League contro il Real Madrid. Pieroni, uno che il fiuto per i talenti l’ha sempre avuto, scommette su di lui.
E così Alessandro veste la maglia amaranto, stagione 20052006, in serie B. Resta una stagione e mezzo. E’ l’Arezzo di Gustinetti prima e Conte e Sarri dopo. "Arrivai ad Arezzo che avevo appena 18 anni – racconta – La mia prima esperienza fuori casa. Davanti avevo Floro Flores e Abbruscato. Per un ragazzino non era facile trovare spazio. Eppure mi è servito tanto quel periodo. Rubavo con gli occhi i loro movimenti. Era uno spogliatoio con ottimi calciatori: Antonini, Raimondi, Ranocchia, Carrozzieri. Sono stato bene ad Arezzo. Ricordo con affetto il signor Decio che mi ha affittato casa vicino alla stazione". Ad Arezzo è stato allenato da Sarri e Conte. "Già all’allora si poteva intuire che avrebbero fatto carriera. Sarri molto meticoloso, tanti schemi. Con l’ossessione di far giocare bene. Conte invece è come lo conosciamo oggi. Dava la carica. Sapeva tirare fuori, a livello caratteriale, il meglio nei giocatori. Un martello".
Nel frattempo diventa l’idolo del celebre gioco manageriale "Football Manager". "E pensare che non ci ho mai giocato. Preferivo la play station. Ancora mi fermano per strada o mi scrivono su Facebook persone che mi ringraziano perché gli ho fatto vincere i campionati". Oggi Alessandro milita nello Zena, in Promozione laziale. "Resta la passione. In qualsiasi categoria. Il calcio deve essere vissuto come un divertimento".