SALVATORE MANNINO
Sport

San Rigore, protettore dell’Arezzo imballato

Il penalty è l’unico vero tiro nella porta della Fermana, ma contava solo il risultato. Per la prima volta amaranto non più soli in coda

di Salvatore Mannino

San Rigore, protettore dei derelitti. La partita dell’Arezzo è tutta lì, in quell’azione a metà della ripresa. Il niente o quasi prima, il niente o quasi dopo. Ma stavolta contava solo il risultato, non essere belli come a Trieste (un pareggio) nè bellini come a San Benedetto (comunque zero punti). Sarà pure una vittoria risicata, strascicata, fortunosa (ma non è che la Fermana abbia fatto di più, tutt’altro), è comunque benzina nella disperata corsa degli amaranto verso una salvezza da mission impossible o almeno un play-out della speranza, che vale oltretutto l’aggancio del Ravenna. Per la prima volta in questa stagione il Cavallino non è più da solo in fondo alla classifica. Chi voleva di più si accomodi con l’amaro della pubblicità, è un successo bruttarello ma che non ha prezzo, per tutto il resto c’è una famosa carta di credito degli spot tv.

Conviene, dunque, riavvolgere il nastro della partita fino al 71°, quando anche i più ottimisti cominciano a dubitare che l’Arezzo spento, legnoso, senza ritmo e senza idee possa cavare il famoso ragno dal buco, quello che può valere una stagione. E’ allora che il macchinoso Perez si avventa su una palla lunga in area che gli contende Scrosta. Il centravanti è il più furbo e anche il più lesto, perchè a forza di spalle riesce a guadagnarsi una posizione di vantaggio, il difensore arranca e sbraccia finchè l’avversario, che forse non aspettava altro, non vola giù. Il rigore non è di quelli che fanno gridare per la loro clamorosa evidenza, ma il fallo del fermano c’è tutto. Bravissimo e freddo Di Paolantonio, appena entrato, a battere a fil di palo, dove neppure Ginestra, un pararigori che ne ha presi sei degli ultimi dieci, può arrivare, nonostante trovi l’intuizione per buttarsi dalla parte giusta: game, set e partita, come al tennis.

A proposito: per una volta nessuno si lamenti dell’arbitro Garofalo, che ne butta fuori due della Fermana. Boateng è pollo nell’entrare dritto subito dopo aver rimediato il primo giallo, ma il rosso, che spiana la strada agli amaranto già avanti, è fiscale, specie considerando che l’ammonizione precedente era per proteste. Quanto al secondo espulso, Bonetto (ma la partita era quasi finita), fa un fallaccio, ma prima il fischietto di Torre del Greco ne aveva ignorato uno aretino.

C’è da domandarsi perchè l’Arezzo si sia presentato così imballato a quello che era un match da dentro o fuori, ultima occasione per rientrare nel giro salvezza. Di spiegazioni se ne possono individuare almeno due. Una è psicologica, il braccino corto di una squadra che entra in campo bloccata sapendo di giocarsi tutto e che per la tensione non riesce ad esprimersi come era successo a Trieste, la miglior partita di stagione. Sembra che Stellone abbia somministrato a tutti una dose di bromuro, le gambe fanno fatica a liberarsi della colla della paura.

C’è poi una motivazione tattica, con l’allenatore ex Frosinone, cui va dato atto di aver rimesso in carreggiata una macchina che pareva ormai fusa, che continua a insistere sulle tre punte, togliendo un uomo a centrocampo e rinunciando anche a un giocatore d’ordine a centrocampo, come è Di Paolantonio e non Altobelli. Il risultato è un Arezzo che si affanna inutilmente a costruire trame di gioco decenti, con due dei tre attaccanti, Piu e lo stesso Perez, ad aspettare troppo fermi palle che non arrivano. Sarà un caso che il rigore arrivi quando Iacoponi, il più brillante lì davanti anche se altre volte è stato più decisivo, passa a trequartista?

Prima e dopo siamo quasi al resto di niente: un’occasione di Sbraga nel primo tempo su calcio d’angolo, una volata di Iacoponi nel finale che con più freddeza avrebbe potuto signiicare raddoppio. Ma forse sarebbe stato troppo in una partita ben fotografata dal minimo scarto. Piuttosto va sottolineato che la difesa chiude a zero gol incassati e zero palle gol subite. Quest’anno è successo di rado. E’ un passo avanti, ma con una Fermana così rinunciataria sarebbe stato duro il contrario.