
di Luca Amorosi
"Ad Arezzo sono diventato un allenatore vero". Il nome della città risuona di colpo nel nord di Londra: a parlare è Antonio Conte, oggi allenatore del Tottenham, che in una recente conferenza stampa ha ricordato la stagione in amaranto come il momento in cui ha capito che poteva diventare un tecnico vincente: "Fu una stagione dura, fui esonerato dopo 9 giornate e richiamato quando ne mancavano 13. Nonostante una penalizzazione pesante ci saremmo potuti salvare all’ultima giornata. Lì ho capito che potevo diventare un bravo allenatore", ha affermato il tecnico con il suo inglese un pò stentato. E in effetti il palmares dell’allenatore leccese parla per lui: un campionato di serie B alla guida del Bari, tre scudetti con la Juventus e uno con l’Inter e due Supercoppe italiane solo rimanendo in Italia. Ma Conte ha fatto centro anche all’estero e proprio nella capitale inglese, dove è tornato da poco, vincendo una Premier League e una Fa Cup con il Chelsea.
Adesso sta risollevando gli Spurs del Tottenham dopo un avvio di stagione traballante: i suoi sono a due punti dalla zona Champions League grazie a un buon ruolino di marcia dal suo arrivo in avanti. Come dichiarato, però, niente di tutto questo sarebbe potuto accadere senza l’esperienza di Arezzo.
Piero Mancini nel 2006 lo scelse come successore di Elio Gustinetti, che la stagione precedente aveva centrato il risultato più alto nella storia del Cavallino, un sesto posto a pari merito con il Cesena. Ai playoff per la serie A andarono però i romagnoli per un solo gol di differenza reti. Antonio Conte, vincente e conosciuto come giocatore con Juventus e Nazionale, era però agli esordi in panchina e l’inesperienza si vide tutta. L’Arezzo, penalizzato di 9 punti per Calciopoli, poi ridotti a 6, partì a rilento e ne totalizzò appena quattro nelle prime nove giornate, complici anche quattro rigori falliti in altrettante gare. Conte, così, fu esonerato e sostituito con un altro tecnico che avrebbe fatto strada: Maurizio Sarri. Due che in futuro sono stati sinonimo di successo, ma che non riuscirono a salvare l’Arezzo in quella serie B di altissimo livello che annoverava la Juventus retrocessa d’ufficio sempre per Calciopoli, ma anche Napoli, Genoa, Bologna, Lecce, Brescia e le forti Piacenza e Rimini.
Con il tecnico valdarnese la squadra non decollò, anche se rimangono nella memoria i pareggi per 2-2 al San Paolo di Napoli e a Torino contro la Juve, quando una doppietta di Martinetti rimontò il doppio vantaggio bianconero con Trezeguet e Palladino. Dopo la sconfitta per 2-0 in casa della Triestina il 13 marzo 2007, Conte fu richiamato ed è da quel momento che si può far partire la parabola ascendente del leccese. Tre sconfitte e un pareggio prima di iniziare un ruolino di marcia da promozione: un 4-2-4 frizzante e un Floro Flores in grande spolvero permisero di ottenere sei vittorie consecutive a cavallo tra aprile e maggio e otto successi totali nelle ultime dieci. Non bastarono, purtroppo, per raggiungere una salvezza che senza quei sei punti di penalizzazione sarebbe stata cosa fatta. Conte non riuscì nell’impresa anche a causa della "sua" Juventus, che al Comunale strapazzò gli amaranto per festeggiare il pronto ritorno in A e poi si lasciò andare, perdendo le ultime due gare con Bari e Spezia, due dirette concorrenti degli amaranto per la salvezza. Da quel momento, la storia dell’Arezzo è stata una continua discesa agli inferi, quella di Conte una scalata inesorabile.