Conte contro Sarri, la sfida in salsa amaranto nella super partita dell'anno

Stasera Inter-Juventus: a guidarle i due tecnici che nel 2007 si alternarono alla guida dell'Arezzo, entrambi esonerati da Piero Mancini

Maurizio Sarri e Antonio Conte

Maurizio Sarri e Antonio Conte

Arezzo, 6 ottobre 2019 - A che ora è la partita? No, perchè l’Arezzo gioca nel pomeriggio contro il super-Monza del Cavaliere e di Galliani, ma subito dopo ci sono altri novanta minuti nei quali gli aretini si troveranno altrettanto a casa, con un pizzico (più di un pizzico) di nostalgia per i tempi che furono e non torneranno.

Già, non tornerà più una stagione, il maledetto 2006-07 della retrocessione dalla serie B, nella quale si alternino in panchina il Cannibale Antonio Conte e l’Allenatore della provincia profonda Maurizio Sarri, quelli che stasera si giocheranno a San Siro, dalle panchine dell’Inter e della Juve il primo match-scudetto dell’anno.

Nè un presidente avrà mai più il privilegio che ebbe allora patron Piero Mancini, notorio mangia- allenatori, di esonerarli tutti e due, salvo richiamarne uno per un finale arrembante quanto sfortunato, o un direttore sportivo, guardacaso Ermanno Pieroni, allora come oggi, potrà ingaggiarli tutti e due. Per la semplicissima ragione che salvo imprevisti della sorte del tutto non pronosticabili Conte e Sarri mai più guideranno la stessa squadra in una sola stagione.

Chi l’avrebbe mai detto 13 anni fa che quell’Arezzo bello e impossibile, l’Arezzo di Floro e di Martinetti, di capitan Di Donato (ora in panchina) e dell’aletta Croce era in realtà il laboratorio nel quale si stavano allenando i due tecnici top del futuro? Conte era alla sua prima esperienza in panchina, Sarri invece era uno di casa, ma per chi era partito dalla seconda categoria dello Stia già l’amaranto pareva un traguardo d’arrivo, non il trampolino di lancio verso il paradiso del calcio.

L’inesperienza del Signor Antonio era palese, anche se i suoi calciatori dell’epoca dicono che avesse già il piglio di chi cura fino all’esasperazione ogni dettaglio, trascinando l’ambiente con un carisma e una grinta che appartengono solo ai grandi. L’inizio fu choccante, la squadra faticava a seguirlo e ancor più a capirlo. Finchè non arrivò la fatal Cesena, sconfitta che gli costò l’esonero e la sostituzione con un Sarri ancor più pignolo e legato ai capricci della sorte di quanto non sia adesso.

Vestiva sempre di nero e raccontano i giocatori che imponesse di usare solo scarpette di quel colore. Il quadernino nel quale si favoleggiava che tenesse decine e decine di schemi per ogni situazione di calcio da fermo era l’antenato degli appunti oggi in panchina. Durò poco anche lui, cacciato dopo la sconfitta di Trieste, rimozione della quale seppe dalla radio mentre era sul pullman del rientro, situazione perla quale non ha mai perdonato Mancini.

Che invece volle, fortissimamente volle, richiamare un Cannibale assai più sicuro di se e pronto a sfoderare un inutile primato di vittorie, tradito dalla sua Juve all’ultima giornata. Impensabile in quella domenica di passione a Treviso che appena quattro anni dopo Conte si sarebbe seduto sulla panchina di Madama per vincerci tre scudetti di fila, uno oltre il record dei cento punti.

Una carriera inavvicinabile, proseguita in azzurro e al Chelsea, dove ancora una volta farà staffetta (ma in stagioni diverse) con Sarri, che invece era dovuto ripartire dal basso e arrampicarsi poi alla serie A con l’Empoli, per diventarne protagonista a Napoli. L’Europa League vinta a Londra nel maggio scorso è quasi cronaca.

Come sono cronaca le due partite con cui gli ex dioscuri amaranto si sono avvicinati alla grande sfida nel turno di Champions: la Juve di Sarri travolgente col Bayer Leverkusen, l’Inter padrone del campo per un tempo a Barcellona ma poi rimontato da un doppio Suarez. Le condizioni di una partita epica ci sono tutte. E anche noi sul prato di San Siro ci sentiremo un po’ padroni di casa.