Vigile del fuoco approda da regista alla Mostra del cinema di Venezia

Castaldo, aretino d’adozione, firma «Fuoco Sacro», fuori concorso al Festival. Gli esterni in via degli Accolti: interviste e filmati su 60 anni di interventi dal Vajont al Ponte Morandi

Antonio Castaldo

Antonio Castaldo

Arezzo, 27 agosto 2020 - Il «Fuoco sacro» è pronto a divampare vicino alla Scuola di San Marco: che non è una scuola con banchi e lavagne ma uno dei gioielli di Venezia, carico dei dipinti di Tintoretto, tra cui il Miracolo di San Marco. E non è forse un piccolo miracolo essere ammessi a meno di 40 anni, li deve ancora compiere, alla Mostra del cinema di Venezia? E’ l’avventura a sorpresa di Antonio Castaldo, un predestinato della macchina da presa.

Napoletano di origine ma aretino di adozione. E vigile del fuoco, di lavoro e di missione. Un «fuoco sacro» a metà con il cinema: da anni corre sugli incendi la mattina, o la sera secondo i turni, e dedica alla regia il resto della giornata,. Ad Arezzo è rimasto oltre dieci anni, si è laureato al Dams, ha debuttato con la Toscana Film Commission, Uno dei suoi primi cortometraggi, «Cristina», era interamente girato in piazza Grande, tra i banchi della Fiera, almeno allora liberi dai tavoli dei ristoranti. Per il Circolo verso l’Europa di Donato Palarchi ha raccontato il vecchio continente, attraverso scorci, storie di vita, personaggi.

E poi, sotto le insegne dell’Istituto Luce, eccotelo regista di «Metti una sera a cena con Peppino»: il ritratto di Giuseppe Patroni Griffi, tra gli «attori» con una testimonianza l’ex presidente Giorgio Napolitano. E un Nastro d’argento ad Antonio come premio finale. Ora un triplo salto mortale, di quelli che come vigile del fuoco ha provato in allenamento.

Lui, «Fuoco Sacro», ammesso come evento speciale fuori concorso al Festival di Venezia. Fuori concorso, sia chiaro, è uno di quei sigilli che accompagnano da sempre il grande cinema in laguna. Nell’anno del Covid moltiplicano gli spazi, per questo la proiezione saràvicino alla scuola di San Marco, nel Sestiere di Castello: sennò sarebbe stato al Lido con i giganti della regia. E stavolta gioca due volte in casa, anzi tre.

La prima perchè parla dei vigili del fuoco e quindi di se stesso, La seconda perché si siede alla tavola del grande cinema. La terza perché gli esterni sono in parte girati qui:nella caserma che per dieci anni è stata casa sua, in quella via degli Accolti che è uno dei pochi napoletani a sapere dove sta. Un film-racconto: dei vigili e delle loro imprese ma insieme di oltre mezzo secolo di storia italiana.

Dal Vajont al ponte Morandi: tragedie ma anche le pagine gloriose di salvataggi rocamboleschi, di vite recuperate. Con materiale di repertorio e interviste, andando a pescare i protagonisti di ogni evento. Per una volta descritto non dalla prospettiva delle vittime ma di chi ogni volta viene chiamato in soccorso. «Volevo raccontare cosa ti spinge a metterti in gioco ogni volta».

Coraggio ma anche preparazione, studio del pericolo. «E’ un mestiere di professionisti prima che di eroi e spero che il film gli renda giustizia». Il Corpo ha scommesso su di lui, a cominciare dal comandante nazionale. Che gli ha messo a disposizione permessi e archivi. Affiancati a quelli dell’Istituto Luce, e della Rai, in un contrasto tra il rosso intenso delle fiamme e il bianco e nero che già da solo è racconto. E sfida i colori di Tintoretto.