Scoperto l'autore del Calice d'oro di Cortona: la lunga ricerca di Giuliano Centrodi

E' il maestro orafo argentiere Michelangelo Ambrogi che ha lavorato a Roma nel Settecento. La sua firma in un bollo con la M. Il calice esposto al pubblico l'ultima volta per la visita del Papa. Un saggio

Centrodi

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Arezzo 24 aprile 2019 - Scoperto l'autore del prezioso calice d'oro di Cortona. Custodito gelosamente dentro un armadio blindato della cattedrale di Cortona, il calice d’oro, uno dei pochissimi esistenti in Italia, ha un “padre”. Per secoli è rimasto di autore ignoto, ma da un accurato studio Giuliano Centrodi, storico e direttore del Museo della UnoAErre, ha identificato il nome del maestro orafo argentiere che lo realizzò. Si tratta di Michelangelo Ambrogi (Viterbo 1680-Roma 1760) di cui si conoscevano finora solo quattro opere conservate a Roma e a Matelica, ma questa di Cortona è l’unica in oro puro. Un gioiello per la preziosa lavorazione in stile barocco ispirata al Borromini, con timpani, mensole, nicchie a conchiglia, cornici. In pochi hanno potuto vederlo. L’ultima volta è stata per la mostra allestita nel palazzo vescovile di Arezzo “Ori dell’Etruria” in occasione della vista di Papa Benedetto XVI.

Ha una lunga storia il calice d’oro di Cortona ed è proprio Centrodi a raccontarla: “Fu il vescovo Luigi Gherardi a donarlo alla cattedrale cortonese nel 1749 quando fece ritorno a Città di Castello dove partecipò com delegato apostolico incaricato dalla Sacra Ritum Congregatio nel processori canonizzazione della cappuccina suor Veronica Giuliani. Mi ha sempre attratto per l’alta qualità della lavorazione e guardandolo con attenzione ho individuato il bollo dell’orafo, un M con sopra una croce che ho poi rintracciato sul repertorio degli argentieri orafi romani pubblicato da Anna Bulgari. In lamine sbalzate riporta anche lo stemma del vescovo Gherardi, originario di Sansepolcro, che era abituato a fare doni preziosi”. E così nell’autunno del 1749 si presentò al Capitolo della cattedrale cortonese con questo superbo calice in oro massiccio del peso di tre chili. Un dono che nel 1801 venne prestato al Comune che aveva bisogno di denaro, insieme con argenti della sagrestia poco utilizzati, ma con un contratto che vincolava il comune a restituire tutto. Un gioiello barocco ora protagonista di un saggio che Centrodi ha pubblicato per l’Academia Raffaello di Urbino.