Le lezioni di Patota arrivano sul web, le parole ai raggi X

Il professore e accademico della Crusca sbarca on line, il progetto dedicato agli studenti che affronteranno l'esame di maturità

IL PROFESSORE Giuseppe Patota è Accademico della Crusca

IL PROFESSORE Giuseppe Patota è Accademico della Crusca

Arezzo, 22 maggio 2020 - La pandemia in corso ha visto un incremento nell’utilizzo di internet. La rete, infatti, è stata fondamentale nella riorganizzazione del lavoro e, nel caso della scuola, della didattica. I semi gettati durante l’isolamento, in qualche caso, hanno dato frutti destinati a rimanere. È il caso delle lezioni del professor Giuseppe Patota, ordinario di Linguistica italiana all’università di Siena-Arezzo, nonché Accademico della Crusca. Da due giorni è on line il sito www.giuseppepatota.it , che riporta una serie di lezioni – saranno dodici in tutto – dedicate agli studenti che stanno per affrontare quello che un tempo si chiamava esame di maturità e oggi si chiama esame di Stato.

Come mai ha pensato di ‘andare nella rete’?

“Si è trattato di un affastellarsi di circostanze. Rai cultura / Rai scuola mi ha chiesto di preparare alcune brevi lezioni su argomenti che avrebbero potuto essere utili ai ragazzi che non stanno andando fisicamente a scuola. Mi sono concentrato su alcune parole dei nostri giorni, inevitabilmente legate alla situazione difficile che stiamo vivendo, e ho scelto soprattutto parole ottimistiche. Finito il ciclo di lezioni, mi erano rimaste altre idee per la testa: allora ho pensato di organizzarle in un pacchetto”.

Destinatari sono gli studenti, ma il progetto potrebbe allargarsi a una platea più ampia?

“Magari in futuro si potrebbe pensare ai ragazzi di altri ordini di scuola, perché no? È un’ipotesi da tener presente”

Nelle sue lezioni si parla del testo poetico e della sua comprensione. Lezioni che possono tornare utili anche al di là della poesia: la comprensione del testo sta diventando un problema. Si veda anche il diffondersi di bufale

“Le cosiddette bufale ci sono sempre state. Adesso, grazie ai mezzi moderni, si espandono nel tempo e nello spazio a grande velocità. Se con il mio lavoro posso contribuire a evitare la condivisione di bufale, ne sono contento”.

A proposito, ma perché si chiamano bufale?

“La spiegazione che mi ha convinto di più è quella proposta dal collega Paolo D’Achille. Sembra che la parola tragga origini dal romanesco, e che sia nata nel mondo della ristorazione. Pare che alcuni ristoratori romani poco onesti, intorno alla metà del secolo scorso, spacciassero la carne di bufala per carne di vitella. «Bufala», quindi, come sinonimo di ‘fregatura’. Da lì agli altri significati, il passo è stato breve”.