
di Erika Pontini
Fece scalpore in vita per un’accusa ignobile soprattutto se commessa da un ex parroco, se n’è andato in silenzio. E’ la parabola fosca di Mauro Cioni, l’anziano prete empolese traslocato a Cortona, già condannato per violenza sessuale, morto senza alcun clamore, prima che la Cassazione mettesse l’eventuale sigillo alle accuse: aver fondato una ’setta’ a reso schiavi, anche sessuali, gli adepti.
A ottobre scorso Cioni ascoltò la sentenza d’appello della Corte di Firenze che aveva quasi raddoppiato gli anni di carcere da 8 a 14 e rotti ritenendo che il sacerdote, sospeso a divinis dalla Chiesa, avesse reso schiavi nove adepti della congrega fondata a Montecchio. Un colpo durissimo che, per l’età e la malattia, però non avrebbero comunque inciso sul suo fine vita: agli arresti l’ex don Cioni non era mai finito d’altronde.
Ma quando i giudici fiorentini, presieduti da Alessandro Nencini, non avevano ancora vergato i motivi di quella decisione, a novembre scorso Cioni si è spento, relegando all’oblio una pagina nera della vallata. E sui manifesti funebri i familiari hanno invitato dall’"astenersi dalle visite".
Eppure Cioni era balzato alla ribalta della cronaca dopo aver fondato una comunità spirituale che operava tra Cortona, Impruneta e Empoli e che - secondo l’iniziale accusa - , sfruttando il ruolo guida e maestro aveva ridotto e mantenuto gli adepti per oltre un ventennio in stato di soggezione, costringendoli a prestazioni sessuali e ad elargizioni economiche.
Dopo la condanna a 8 anni per violenza e la conferma in appello la Cassazione aveva annullato il verdetto rimandando a un secondo processo di appello la decisione. I giudici infatti hanno ritenuto, come già i primi colleghi della Corte, che gli adepti avevano scelto liberamente il cammino di preghiera in comunità ma che poi l’ex parroco se ne era approfittato sia a fini sessuali trasformando gli esorcismi in violenze, che economici con un pizzo da pagare anche mensilmente: quando 100, quando 200 euro a cadenze regolari.
Nessuna catena fisica ma i legacci della persuasione e la soggezione nei confronti di un prete divenuto santone hanno piegato la volontà. "Controllava ogni nostro respiro, mi ha spezzata", alcune delle dichiarazioni utilizzate dalla Corte per configurare il reato più grave. Decideva Cioni anche quando sposarsi e con chi e se separarsi: un’opera di convincimento portata avanti con lo spettro della dannazione eterna. "E a nulla rileva - osserva la Corte - che avessero libertà di movimento: tale limitata autonomia non intaccava la posizione di supremazia di Cioni". Ma quando il primo si fece avanti innescando un’inchiesta che fece scalpore l’ex parroco era ormai malato e immobilizzato a casa, come riconosciuto anche da una consulenza medico legale disposta.
Difeso dagli avvocati Luca Bisori e Valeria Valignani era pronto a impugnare il verdetto ritenendo che la Corte d’appello bis fosse andata oltre il dettato della Cassazione. Ma a quell’appuntamento Cioni non è mai arrivato. Se n’è andato in silenzio chiudendo per sempre una drammatica pagina che investì la chiesa e l’intera comunità di Montecchio.