Alberto Pierini
Cronaca

Storie di quarantena: "Sei in crisi? Chiama, La Verna ti ascolta"

I frati lanciano un telefono amico quotidiano per le difficoltà spirituali nei giorni dell’isolamento. Consigli e «confessioni» di Pasqua ai pellegrini esclusi dal santuario

Padre Francesco Brasa

Arezzo, 14 aprile 2020 -«Priscilla, prepara la camera: è arrivato». Ai tempi di padre Fiorenzo Locatelli, uno dei guardiani storici della Verna, la vicinanza a chi si affacciava perfino a Capodanno passava da un sussurro alla suora che aveva la regia di tutta l’accoglienza. Ma oggi c’è il virus, da oltre un mese il convento sul monte è sbarrato ai pellegrini che lo raggiungevano tutti i giorni.

Il portone è chiuso ma le crisi no: ed ecco il piano d’emergenza dei frati. Hanno messo su un vero e proprio telefono amico. Attivo tutti i giorni, dalle 9 a mezzogiorno, tra le lodi e la Messa. Con l’agilità dei francescani gli uomini del monte hanno aderito velocemente ad un’idea partita da Firenze. I «colleghi» nella vocazione, dal capoluogo a Fiesole, si sono inventati un servizio di assistenza a chi si sente strappare l’anima di dosso.

Loro lo fanno via skype, in pratica riproducendo a distanza il colloquio spirituale di una confessione o di un dialogo serrato. La Verna, con la semplicità della roccia e del verde che la circonda fa per telefono. «Era un modo per partire subito e venire incontro anche a chi non ha il sostegno della tecnologia» spiega il padre guardiano Francesco Brasa.

L’ultimo erede di Fiorenzo ma insieme lo stesso fuoco dell’accoglienza e della comunicazione: ogni giorno della settimana ha registrato un video, mandato i suoi consigli, parlato ai pellegrini lontani. I frati, che nella solitudine rafforzano ancora di più la propria comunità, il servizio lo coprono a turno, secondo i servizi e le disponibilità. E’ qualcosa di diverso dalla semplice crisi psicologica, per la quale tra l’altro i frati di Firenze mettono a disposizione anche una professionista.

«Si tratta di smarrimento,insieme personale e nella fede: e che vediamo è molto apprezzato». La prova è facile, il telefono squilla. E spesso suona anche occupato. Perché i tempi di uno scambio spirituale non sono quelli spartani di una telefonata, non puoi sincopare più di tanto l’affetto e il saluto. Ma ogni giorno loro ci sono. «Tra i primi a chiamare quanti avevano l’abitudine di salire a La Verna durante la settimana santa e nei giorni di Pasqua».

Non per una gita fuori porta ma per ritrovare il bandolo di una matassa aggrovigliata. E per la quale il convento ha angoli che danno del tu a chi traballa: la processione alle Stimmate, la minuscola cappella di San Bonaventura, lì dove la distanza sociale è facile, più di due non ci entrano. Spazi che per telefono non puoi ricreare, ma gli scenari di una vicinanza spirituale sì.

«Oltre al pericolo sanitario, che seguiamo ogni giorno nei bollettini, ne esiste uno più sottile e profondo: la nostra salute spirituale e psicologica». Già nel lancio dell’iniziativa c’è il senso della vicinanza. «E’ normale che possa arrivare per tutti un momento di sconforto, Non siamo supereroi».

Non negano il problema ma lo mettono al centro,ovunque il primo passo per uscine. Gli altri passano dal racconto, dallo sfogo. E lo spirito della Verna passa perfino dal filo, rievocando pensieri, legami, spazi. Lì dove Priscilla non può preparare la camera: ma La Verna ti si spalanca lo stesso, scardinando qualunque portone.