Quando la "bersagliera" correva qui Lollobrigida da Icastica ai Festival

Addio ad una delle attrici mito del cinema italiano: era legata alla città. "La vorrei scoprire come fotografa". Era stata a fianco di Carla Fracci per il lancio della mostra a cielo aperto. La sua presenza al Polifonico

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di Alberto Pierini

AREZZO

"Dio provvede a modo suo? La povera gente, don Emì, già ce sta all’inferno": non le mancava niente e soprattutto non le mancavano pane, amore e fantasia. E ha vissuto una vita meritandosi quel ruolo che l’ha resa famosa: non il suo migliore, non la scorciatoia ad uno dei mille premi che avrebbe vinto. Ma la "Bersagliera" le è rimasta incollata addosso, tra i sorrisi delusi del "maresciallo" De Sica. Gina Lollobrigida non c’è più: si è spenta ieri, dopo una fantastica cavalcata nella vita e nella sua professione. Proprio sullo stile di quella bersagliera, che tante volte l’ha portata qui.

"E’ una città bellissima e la vorrei scoprire anche come fotografa". La sua seconda professione, la macchina al collo e lo sforzo di cogliere intorno la vita profonda delle strade. Era stato il sindaco Alessandro Ghinelli ad invitarla all’inaugurazione del Raro Festival: l’evento ha chiuso presto la sua corsa ma il ricordo della visita di Gina è durato. La aspettarono nella sala della Casa della Musica, c’erano tanti artisti impegnati a preparare le opere in cartellone. La sua era un’arte diversa, davanti alle cineprese o dietro un obiettivo: ma l’arte si dà del tu in tutte le sue forme.

Aveva colto già in passato altri inviti. Forse il più importante nel giugno del 2013: la prima edizione di Icastica. L’ideatore Pasquale Macrì, suo grande amico, non perse l’occasione di legare il debutto ad uno dei volti più noti del Paese.

E in piazza San Francesco, al portone del museo di arte contemporanea, la luce inquadrò un duo da favola. Al fianco di Gina c’era Carla Fracci: una con i capelli vaporosi che avrebbe curato per tutta una vita, l’altra vestita completamente di bianco. Come una sposa o come un’etoile sul palcoscenico. In mezzo metro la storia dello spettacolo italiano: il cinema e la danza.

Chi passava allora dalla piazza si sfregava gli occhi, come se fosse un sogno. Ma possibile siano proprio loro? Sì, erano proprio loro. E tra l’altro non da sole: a fianco Sandra Milo, "Sandrocchia" per tutti, per tanto tempo la musa di Fellini. E ancora Luciana Savignano, Eleonora Di Miele, Anna Kanakis. Ma finiva che tutti gli sguardi si concentrassero su di lei.

Il baciamano imbarazzato del sindaco Giuseppe Fanfani: di sicuro più imbarazzato di lei, che in fondo era rimasta dentro la "bersagliera" del film. E un premio, una chimera ricevuta per aver rappresentato la bellezza italiana nel mondo e per la sua attività come fotografa e scultrice. Ghinelli tanti anni dopo, avrebbe voluto ospitarne una mostra. "Sarebbe bello" rispose d’istinto. Poi una pausa. "Ma ho tanti impegni": bersagliera davvero, solare fino alla fine.

Ad Arezzo era venuta anche almeno in un’altra occasione: per il Polifonico, da appassionata di musica. Ogni volta lasciava un’impronta diversa: come ha fatto a New York, dove la sua stella brilla a Hollywood sulla Walk of Fame, la passerella delle star.

E lei lo era ma nel modo per niente affettato della sua natura, da bersagliera convinta. Anzi "Pizzicarella la Bersagliera", come era la vera dizione. E pensare che non aveva dato del tu ma era stata grande amica dei miti del cinema mondiale: l’avevano diretta personaggi come John Huston, King Vidor, Carol Reed. Per non dire degli italiani, che la resero protagonista negli anni d’oro, quando da qui passava il cinema più importante.

In una delle sue passerelle aretine si era presentata con un abito nero di paillettes e un boa di struzzo. Ma nessuno ci faceva caso, distolto dallo sguardo magnetico che la distingueva. E aveva cenato nella serata di gala, sotto le Logge Vasari, l’apoteosi per qualunque ospite, famoso o no che sia.

"Torno, torno.." prometteva: e in effetti lo ha fatto tante volte, una anche ad Anghiari. Il Golden Globe lo aveva vinto per "Torna a settembre" ma la gente tornava sempre lì. "Che te magni? Pane. E che ci metti dentro? Fantasia marescià". Fino all’ultima corsa da bersagliera.