Graziani, i ricordi e il dolore che resta. "Paolo merita un giorno di lutto nazionale"

La commozione del suo compagno ai Mondiali di Spagna: "In ritiro lo spronavo dicendogli che era il più forte di tutti Abbiamo perso il simbolo di quell’Italia e di un Paese intero. Era una persona straordinaria, di grandi valori, intelligente"

Paolo Rossi, Carlo Benucci e Ciccio Graziani (foto Tavanti)

Paolo Rossi, Carlo Benucci e Ciccio Graziani (foto Tavanti)

Arezzo, 11 dicembre 2020 - Paolo Rossi per quello che è stato, un grandissimo giocatore, icona del mundial dell’82, per la splendida persona che era, meriterebbe un giorno di lutto nazionale, come in Argentina per Maradona". Francesco Graziani è stato compagno di squadra in Nazionale di Pablito, insieme sono diventati campioni del mondo in quella magica estate di 38 anni fa. Quando ha saputo della mnorte di Paolo? "Ho avuto la notizia da un amico alle 5 del mattino non sono più riuscito a dormire, non ci volevo credere. Mi è presa la tremarella e Susanna, mia moglie, mi ha detto Ciccio calmati che ti viene un infarto". Sapeva che stava male? "In modo indiretto. Siamo statiricoverati nello stesso reparto del policlinico di Siena, ero caduto da sei metri e una costola mi aveva leso il polmone. Lì ho saputo che Paolo era stato pure lui un paziente, entrambi operati dal professor Paladini. Ma non credevo avesse una malattia così terribile da portarlo alla morte". Lo aveva più sentito ultimamente? "No, l’ho chiamato più volte ma non rispondeva". Cosa prova in questo momento? "Profonda tristezza, sono sconvolto perché con luii ho passato uno dei momenti più bella della mia vita. E ho un rammarico". Quale? "Mi aveva invitato più volte nel suo resort agriturismo a Bucine, gli avevo risposto che ci sarei andato volentieri appena avuto tempo. Volevo davvero, ma sapete come succede: è stato un continuo rimandare e alla fine non sono mai andato visti e questo mi rattrista". Le viene in mente qualche aneddoto nel vostro rapporto? "Avevamo disputato insieme il mondiale del 1978 in Argentina, dove lui fu protagonista, meno io, poi nel 1982 nel ritiro di Alassio facemmo una preparazione intensa e lui si lamentava perché aveva gambe pesanti e non sarebbe andato avanti. Fui io a spronarlo, dai che sei il più forrte". E quando eravate in Spagna? "Battiamo l’Argentina e la mattina dopo a bordo piscina, in un clima di euforia, Paolo era solo e silenzioso, gli chiesi perché, Non giocherò col Brasile, mi disse". La sua risposta? ""Sei matto, Bearzot stravede per te. Tutti sappiamo come andò a finire, ma il ricordo più bello di quella giornata è un altro". Addirittura... "Paolo venne da me, mi abbracciò forte senza dire una parola, voleva ringraziarmi per quella conversazione in hotel. Era un signore quel ragazzo". Siete rimasti legati anche a fine carriera carriere? "Certo, Paolo era una persona straordinaria, di grandi valori, intelligente e semplice. Legatissimo alla famiglia, alla moglie Federica, che aveva conosciuto tramite l’amico comune e vostro collega Mario D’Ascoli, alle bambine, al figlio avuto dalla prima moglie. Aveva tanti progetti, gioia di vivere, purtroppo questo 2020 maledetto si è portato via anche lui". Chi è per lei Paolo Rossi? "Il simbolo di quell’Italia mondiale e di un Paese intero. Se vai in qualsiasi parte del mondo, ancora oggi quando si parla di Italia in tanti ricordano. già, Pablito Rossi".