Paolo Rossi, un bene contagioso, la generosità. E i sogni realizzati con don Paolo

Il campione era molto amico del prete ex calciatore: una valanga di iniziative di beneficenza in tutto il mondo

Paolo Rossi e don Paolo De Grandi

Paolo Rossi e don Paolo De Grandi

Arezzo, 11 dicembre 2020 - Rimarrai sempre il mio Don preferito": da Paolo a Paolo. Rossi la sera della morte dell’amico a 46 anni era dall’altra parte del mondo, in Cina. Ma grazie a Federica, moglie che lo affiancava in tutto, era come se fosse anche a Campoluci, un pugno di case alla periferia di Arezzo. Intorno al campetto di calcio, in quell’estate del 2016, dove era morto uno dei suoi grandi amici, Paolo De Grandi. Don Paolo, per l’appunto. Calciatore nell’Hellas prima ancora che seminarista, anima della Nazionale sacerdoti, amico dei big del pallone, specie quelli che avevano incrociato la sua Verona. Insieme, da Paolo a Paolo, avevano costruito una piccola storia di solidarietà. Pablito, toscano dentro, viveva in Valdarno, a pochi chilometri da lì. E De Grandi riusciva a tirarlo dentro ogni evento di beneficenza. "Non ho mai conosciuto chi riuscisse a coinvolgere gli altri come te", dice in un video mandato a Campoluci pochi mesi fa, nell’anniversario della morte dell’amico. Insieme nei grandi appuntamenti, come quando scendevano in campo la nazionale sacerdoti e quella delle vecchie glorie.

Insieme per progetti: in testa la Palestina, lì dove il "don" aveva coinvolto la Football Academy di padre Faltas, custode della Terra Santa. Ma insieme anche per i campetti del Grest, i gruppi estivi dei ragazzi. Grazie anche a queste iniziative don Paolo era riuscito a costruire il campetto nel quale sarebbe morto, colto da un malore.

E Paolo, anche quando non lo chiamava, si presentava la domenica o la sera con Federica e le figliolette, poi cresciute. A tirare due calci al pallone e insieme a costruire nuovi progetti. Generoso come in campo, gli faceva da testimonial per qualunque iniziativa benefica. E insieme facevano di quel campetto uno snodo tra il grande calcio e i "calci" dei ragazzini. Dove altro potevi trovare lui, Graziani, Antognoni passare la palla a bambini dai 5 ai 13 anni. Qualcuno perfino inconsapevole di giocare con un mito: e che oggi starà rispolverando le vecchie foto per rivedersi bambino accanto a chi aveva fatto piangere il Brasile. O sorridere la Palestina.

«Mi mancheranno le nostre chiacchierate, le risate, le riflessioni. Mi mancheranno la tua positività, il tuo sorriso buono" scriveva Pablito in quella lettera, la prima nella storia "spedita" dalla Cina a Campoluci. Lì dove i due Paolo riuscirono a portare il sindaco di Betlemme e lo stesso Faltas. E dove vedevi affacciarsi Chiesa, Fanna ma anche Claudia Koll o Paolo Brosio. Un clima che nel campetto di Campoluci ancora si respira. Anche se Paolo e Paolo non ci sono più, impegnati a inseguire chissà dove il loro ultimo pallone.