Migliavacca, una bufera sul centro "C’è una luce in fondo, è Arezzo"

Il nuovo Vescovo sbuca dal casello tra i pullman del Natale: "Sono arrivato" e per ore tiene banco. Camminata non consentita, le fermate nei locali. In Comune le sue priorità: in testa ambiente e lavoro

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di Alberto Pierini

"Cos’è quella luce in fondo? E’ Arezzo". Andrea Migliavacca mobilita da San Miniato perfino i fratelli Taviani, per disegnare l’immagine ad effetto che ne chiude l’omelia. "Mi sento come il bambino di quel film, in auto, con lo sguardo oltre il finestrino a indicare la luce". Un po’ "Blues Brothers" e un po’ "La notte di San Lorenzo". E’ l’ultima pennellata di una giornata che lo consacra alla guida della chiesa aretina. "Da questo momento è il nuovo vescovo di Arezzo" proclama il Cardinal Giuseppe Betori, dopo la lettura della bolla pontificia.

E’ la miccia che accende ’applauso che investe tutta la navata: i più battono le mani a braccia strette, perché in Cattedrale non c’è un centimetro libero. Ed è l’applauso che si unisce alle campane a distesa e ad una "colonna sonora" quasi rinascimentale. L’ultimo flash di otto ore filate di incontri, iniziate alle 10 e pochi minuti, fuori dal casello dell’autostrada. Migliavacca sbuca dal furgoncino bianco della sua diocesi mentre i pullman della città di Natale sfilano, quasi pellegrini anche loro.

E’ su questa quinta anomala, che scorre tra le luci di Natale e le atmosfere dei Taviani, che Migliavacca irrompe come una ventata e a tratti come una bufera in centro. Gli avevano detto no alla marcia da Saione a San Francesco, ed eccotelo lì, risalire la città tra migliaia i ragazzi. "Beh – ammicca – sono solo andato dietro a loro". Lo aveva promesso a Saione, nei campini dell’incontro con gli scout e con i giovani. Scout che sono nel suo dna. Intonano "passo dopo passo" ed eccotelo lì a cantare, battere le mani, perfino i piedi. "Avete fame? Allora facciamo una preghiera breve" e sotto con i panini.

Il passo dopo passo è il suo mantra, dappertutto parla di cammino comune. Lo dice ai giovani di San Francesco, anzi lo chiede: "Voi ci siete?" e risuona il sì. Basilica gremita come era stata con Giovanni Paolo II, lo dice al sindaco Ghinelli che lo aspetta fuori dal Comune e alle altre autorità. Nella sala del consiglio snocciola le sue priorità, apparentemente non religiose ma per lui intrecciate alla fede come le radici delle mangrovie, "Siamo tutti qui per il ben e comune e io per primo do la mia disponibilità". Ed ecco a raffica i punti fermi. "L’ambiente, il lavoro tanto difficile di questi tempi, le famiglie, il volontariato". Strappa un applauso bipartisan anche tra i sindaci che si preparano alla disfida della Provincia. Da buon lombardo arriva dal sindaco puntuale come un treno svizzero. Malgrado abbia intrecciato il suo cammino di pause. Una più lunga a Viciomaggio, la prima tappa di una giornata infinita, nell’istituto della Medaglia Miracolosa. E poi quelle in centro, in carcere, nei campini.

Mentre risale la corrente di Saione stringe mani, saluta le famiglie nei bar, con il comandante della polizia municipale Aldo Poponcini, armato di paletta a smistare il traffico. "Se venite con me vi offro un caffè" dice agli scout del gruppo 8. Detto e fatto: li porta al "Caffè del Teatro". E se non glielo offre è solo perché il barista serve il caffè a tutti. Per sua fortuna non tutti quelli accorsi a San Francesco o nella doppia marcia. Una marcia che dopo la Basilica si perde tra la folla della città di Natale, tra i passeggini, i palloncini , i panini. Alla Pieve ecco la pausa studiata a tavolino da don Alvaro: entra, il coro lancia la musica, un passaggio nella cripta e un altro caffè con tazzine stile lista di nozze. "Diventerà testimonial del caffè" gli sussurriamo.

Ed esplode in una risata. "Beh, potremmo concordare il prezzo". E riprende il suo cammino, un po’ reale e un po’ simbolico. Che in Duomo diventa programma episcopale. "Desidero cercare, vedere, incontrare la vita, promuoverla lì dove si trova o dove va fatta rinascere, lì dove c’è anche una pur flebile esperienza di vita, nei luoghi ove è segnata da fragilità eppure è carica di pienezza. Cercare la vita nelle povertà, delle fragilità, nel peccato, nelle diversità".

Le ha inseguite tutto il giorno, dai ragazzi di Agazzi ai detenuti agli immigrati di Saione. Da un angolo del Duomo il Cardinale Simoni, sopravvissuto ai lager dell’Albania, lo segue assorto. Al suo fianco Gualtiero Bassetti, che raccoglie la classica ovazione, e Riccardo Fontana. Commosso e che per non darlo a vedere sfoggia una voce più scattante del solito. "Caro vescovo, questa chiesa nostra è una meraviglia". Sì, anche per lui la luce in fondo è proprio Arezzo.