REDAZIONE AREZZO

Lo stop a Vicenza, tutti i retroscena. Operazione fatta: ecco perché saltò

Fornasari e Bronchi pronti all’ok. I contatti con Zonin. Il no di Rosi

I VENETI Gianni Zonin

Arezzo, 14 dicembre 2015 - TANTO SI PARLA anche in questi giorni del rifiuto dei vertici Bpel di andare all’aggregazione con la Banca Popolare di Vicenza, passaggio da molti considerato decisivo nell’esito finale dell’istituto di credito aretino. Siamo in grado adesso di ricostruire quali fossero le posizioni all’interno della banca al momento in cui Bpvi lanciò l’Opa totalitaria garantendo ai soci un euro ad azione, il 40% in più di quello che era il valore corrente del titolo a Piazza Affari. Ma occorre andare ancora più indietro, a quando nel dicembre 2013 Bankitalia chiede a Bpel di aggregarsi «con un gruppo bancario di elevato standing».

SI METTONO al lavoro gli advisors che individuano due soli gruppi potenzialmente interessati all’acquisizione, il primo dei quali è Bper, la Banca Popolare dell’Emilia Romagna. A ruota arriva l’interesse della Popolare di Vicenza che nella primavera del 2014 resta l’unica in lizza. Bper, infatti, si era defilata ritirandosi sostanzialmente dallìagone.

Con Vicenza l’allora management intreccia fitte relazionI, in testa il presidente Giuseppe Fornasari. Numerosi i contatti tra Fornasari e Gianni Zonin, l’imprenditore vinicolo che allora guidava l’istituto veneto. Tra aprile e maggio i giochi sembrano praticamente fatti: gli advisor predispongono un prospetto con le proposte vicentine che al board aretino appaiono importanti. Vicenza propone che Banca Etruria diventi capofila dell’istituto in Toscana. Qui sarebbe rimasta la sede regionale, che avrebbe controllato anche le filiali pratesi (Bpvi aveva da tempo inglobato la banca pratese). Agli azionisti andava 1 euro per ogni titolo posseduto, ai dipendenti sareb be stato garantito il posto di lavoro in sede tranne per coloro che, interessati a far carriera, si fossero resi disponibili ai trasferimenti.

L’ultimo passo sarebbe stato la convocazione di un’assemblea straordinaria dei soci per il via libera. Fornasari è dunque pronto a vendere e la decisine è appoggiata anche dall’allora direttore generale Luca Bronchi.

L’IMMINENZA dell’assemblea ordinaria di maggio manda tutto a carte quarantotto. Bankitalia invia a Bpel una dettagliata lettera nella quale raccomanda caldamente un largo rinnovamento dell’istituto aretino, a cominciare dal vertice. Di fatto è il benservito a Giuseppe Fornasari che infatti, a pochi giorni dall’assemblea, lascia l’incarico che deteneva dal 2009 quando era subentrato a Elio Faralli dopo una tempestosa notte durante la quale il vecchio banchiere era statop defenestrato dal cda per 8 voti contro 7.

L’addio dell’ex deputato democristiano coincide con il passaggio di testimone al suo vice, Lorenzo Rosi, che si presenta a capo di una lista unitaria e viene quindi eletto dai soci alla presidenza.

ROSI HA PERÒ idee diverse: l’ipotesi Vicenza non lo affascina e non è il solo. C’è una levata di scudi in città contro l’arrivo dei veneti, viene anche convocato un consiglio comunale straordinario nel quale istituzioni e mondo delle associazioni (con il distinguo di Confindustria) respingono l’annessione che andrebbe a mettere insieme gli istituti delle due città dell’oro. Rosi rispedisce al mittente l’Opa totalitaria e riparte con una diversa strategia. Inevuitabile a quel punto l’allontanamento di Bronchi che aveva sposta un’altra tesi e che verrà sostituito con Daniele Cabiati. Il resto è storia di oggi.

sergio rossi