MASSIMO PUCCI
Cronaca

Le ragazze del caffè in tazzina Al S.Donato il bar che mai ha chiuso

"Non è come una volta, serviamo solo chi può ancora entrare ma ci sembra giusto garantire il servizio a chi lavora in ospedale". Insulti su facebook: trattate da privilegiate, ma qui regaliamo un sorriso

di Massimo Pucci

"Non abbiamo mai smesso di fare caffè, qualcuno ci ha pure preso in giro su Facebook, ma non siamo delle privilegiate". Nel mare magnum della lotta alla pandemia ci sono anche loro, le bariste dell’ospedale San Donato. È qui che le macchinette dell’espresso non si sono mai raffreddate, nessun dpcm ha mai staccato la spina ai locali pubblici ubicati in luoghi strategici. Come gli autogrill e i bar degli aeroporti, anche i caffè all’ospedale hanno resistito alla scia di chiusure, merito anche della tenacia di chi ci lavora.

"Non abbiamo mai smesso – dice Stefania Berni, una delle bariste del San Donato – da marzo 2020 ad oggi abbiamo continuato a fare il nostro lavoro. L’orario si è ridotto perché gli accessi all’ospedale non sono più come quelli ‘in tempo di pace’ ma siamo sempre qui".

Stefania ha continuato a lavorare dietro al bancone con Silvia Aversa, Elisa Bacci, Silvia Burzi, Anna Ciabatti, Elisa Coltellini, Alessia Dringoli, Stefano Mazzi, Fabrizio Rossi, Rossana Sacchetti, Marisa Vitale, Marisa Gailli, Chiara Tofani, Simona Mattesini, Giulia Macrì, Oriana Nardi e la responsabile Rosanna Fragai. Un gruppo unito di coetanee 40enni, ci sono anche un paio di uomini, ma il ‘fenotipo’ al di là del bancone è costituito da una donna nata negli anni ‘70 e mamma.

Il titolare dell’attività è Luciano Caporali: "In questo periodo si è rivelato una persona grandissima, durante il Covid abbiamo fatto cassa integrazione a rotazione, ma lui non ci ha mai lasciate sole e ci ha sempre garantito lo stipendio" raccontano in coro.

Il caffè viene servito nella tazzina, come se fossimo al bar in zona gialla. Nei locali individuati dai dpcm, come quelli ubicati in ospedali, autogrill e aeroporti, è infatti possibile mantenere questa tradizione, ma non mancano variazioni significative al rito del caffè.

"Certo che abbiamo dovuto togliere tutto dal banco e utilizzare sistematicamente tutte le igienizzazioni del caso – spiega Berni – abbiamo rimosso le bustine dello zucchero, le cose che si toccano e restano lì non vanno bene, la tazzina e il piattino dopo il consumo vengono lavati e quindi non c’è problema".

I banconi si spogliano di tutte quelle cose che una volta potevano finire in mano ai clienti, dalle caramelle ai cioccolatini e ne sanno qualcosa le ditte produttrici se le vendite sono diminuite. Una cosa è farsi scivolare nel palmo della mano un gianduia, un’altra è chiedere al barista un goloso extra, la tentazione è ostacolata.

"Purtroppo sono capitati episodi spiacevoli – ricorda Stefania – anche di recente qualcuno su Facebook ci ha trattato come dei privilegiati, ma restare aperti è anche un dovere nei confronti di chi lavora qui. Adesso l’ospedale è blindato, noi serviamo solo a coloro che possono entrare, non ci sono i clienti di una volta e noi siamo lì anche per offrire un sorriso agli operatori al lavoro".