"Ce la faremo": è lui, lo stesso ragazzo che correndo giù dalle scale del condominio stringeva forte la sorellina per portarla in salvo. E che ieri si è affacciato sul prato infinito dello stadio comunale. Un grande prato verde, dove nascevano le speranze dei tifosi per la promozione dell’Arezzo: e piccola, piccolissima provava a germogliare anche la sua. Il figlio di Sara, strappato dai sogni colorati dei 16 anni, per ritrovarsi con una mamma e una nonna assassinate e un babbo in carcere forse a vita.
Dietro le indagini, il sangue della scena del delitto, i tormenti infiniti dei familiari la sua è l’immagine più positiva di questa pagina terribile.
"Sì, tranquilli: ce la faremo" sussurra a chi gli chiede di essere forte. È lui a rassicurare gli altri, fatalmente senza parole di fronte alla tragedia. Alle 14.30 in punto si presenta davanti ai cancelli con lo zio Roberto (nella foto). "Sono felice anche solo di passare un po’ di tempo con lui, non succedeva da tempo" spiega Roberto Ruschi, che davanti alla tragedia ha riposto ogni ruggine familiare per stringersi a chi resta. E lo stesso ha fatto il fratello più grande: entrambi figli del padre di Sara ma di un’altra mamma, uccisa anni fa da una grave malattia.
"E’ la prima volta che entra nel campo di calcio di uno stadio": e in effetti lo capisci dallo sguardo. Non è, almeno durante la partita, appannato da quello che ha passato, ma la luce della curiosità, la curiosità dei 16 anni, si fa strada, con forza.
Vicini il capo della squadra mobile Sergio Leo e il comandante della polizia municipale Aldo Poponcini, che di natura in questi casi manda avanti lo spirito del nonno alla divisa.
"E’ stato un pomeriggio diverso, ha avuto un po’ di sollievo" dice lo zio. Intorno la festa di una città intorno ad un pallone, che destino vuole si incroci con una tragedia quasi senza precedenti nella storia aretina. Però da sottolineare il bel gesto dell’Arezzo: è stata la società a invitare il ragazzo e qualcuno della sua famiglia. Sembra poco e invece è tantissimo: fa la differenza tra farsi travolgere da una legittima euforia e fermarsi a pensare. Il tutto confermato anche dalla fascia al braccio: l’Arezzo è volato in C portando con sè il lutto per la morte di Sara e di Brunetta.
E il dolore del figlio e nipote. Che ha seguito la partita da bordo campo. E oggi è pronto per tornare a scuola. Il Professionale Margaritone lo aspetta a braccia aperte. "Sarò io per primo ad accoglierlo conferma il preside Roberto Santi, un altro che non annacqua la sua dimensione umana nel ruolo. Ai pennoni della scuola ci sono le bandiere a mezz’asta da due giorni (foto in alto). Il provveditore Roberto Curtolo, come spieghiamo a fianco, lo ha chiesto a tutti gli istituti per il giorno dei funerali. Seguendo la decisione con la quale il sindaco ha proclamato il lutto cittadino. Santi giustamente ha giocato d’anticipo: perché quello è uno dei suoi ragazzi, anzi uno dei migliori. "Le gite le riserviamo a volte solo a chi non riceve note o richiami: lui è venuto sempre".
Ma soprattutto ad aspettarlo ci sono i suoi amici, i compagni di classe. Magari lo aspetteranno fuori, sapendo che lui arriva sempre qualche minuto prima. Per fargli forza. O magari per riceverla da lui.
Alberto Pierini