
di Claudio Santori
"Basterebbe Arezzo a fare la gloria d’Italia": la nota frase del Carducci, ove sia estesa alla terra d’Arezzo, riceve continue conferme. L’ultima, clamorosa, viene da due libri freschi di stampa, che riguardano Vittorio Fossombroni e il matematico biturgense Niccolò Aggiunti: “Vittorio Fossombroni, matematico” e “Niccolaus Adjunctus burgensis”. Cominciamo dal primo, scritto per conto dell’Accademia Petrarca dal professor Daniele Santori, già docente di matematica e fisica presso il Liceo Classico Petrarca. “Ancora il Fossombroni” dirà qualcuno, e invece è proprio il caso di dire “Finalmente il Fossombroni” perché il libro, anche se non manca di dedicare qualche pagina alla personalità e al carattere del grande aretino, gli rende finalmente piena giustizia illustrandone compiutamente la natura di eccellente matematico, fino ad oggi non adeguatamente trattata, tanto è vero che il suo nome è ancora legato nell’immaginario collettivo al prosciugamento della Valdichiana e all’intensa attività diplomatica per la quale Napoleone ebbe a definirlo: “Un géant dans un entresol!”, ovvero un gigante in un mezzanino.
È dunque il Fossombroni idraulico che conviene mettere un po’ da parte, giacché proprio i suoi calcoli di natura ingegneristica dimostrano quella disinvolta approssimazione da cui fu indotto a scrivere nelle famose “Memorie idraulico-storiche sopra la Val di Chiana” che per sanare la palude, rialzando con un uniforme “cuneo di terra” tutta la pianura da Arezzo fino a Montepulciano, in soli sessantadue anni si sarebbe potuto conferire alla valle il nuovo assetto di pendenza artificiale che gli avrebbe consentito di scolare tutte le acque verso l’Arno essiccando definitivamente la plurisecolare palude.
Invero, come ha rammentato l’ ingegner Remo Chiarini nella conferenza tenuta a dicembre all’Associazione Industriali dal titolo “La bonifica della Val di Chiana, tra lungimiranza dei governi e fiducia nelle nascenti scienze idrauliche”, già nel 1866 l’Ingegner Carlo Possenti, rifacendo con cura gli stessi calcoli del Fossombroni, aveva dimostrato che per rialzare tutta la pianura con il metodo delle colmate, di anni ce ne sarebbero voluti ben seicento e non già solo sessantadue!
Invece, come ogni esperto di matematica potrà constatare, l’analisi approfondita e circostanziata che il Santori fa sul “Saggio di ricerche sull’intensità del lume”, sulla “Memoria sul principio delle velocità virtuali” e soprattutto sul “Saggio di un Dilettante di Matematica sulle equazioni di condizione e sull’invenzione della brachistocrona” integra e completa gli studi di Elgolts, Spiegel e Sansone e colloca finalmente una volta per tutte il Fossombroni fra le grandi firme della matematica di ogni tempo, togliendo al Matematico lo zero di troppo che aveva nuociuto all’ Ingegnere!
E veniamo al libro sull’ Aggiunti, scritto a quattro mani ancora dal Santori per la parte matematica e dalla professoressa Giuliana Maggini per la parte storico-letteraria. Dovuto alla lungimiranza del professor Matteo Martelli, presidente del Centro Studi “Mario Pancrazi”, e pubblicato dalle edizioni “Nuova Prhomos”, il corposo volume (oltre 200 pagine) getta per la prima volta lo scandaglio nell’anima profonda, filosofica e matematica del grande biturgense, riscattandolo da un ingiusto oblio secolare e rendendo ragione della sua fama presso i contemporanei, tanto che fu designato nel 1726 successore nella cattedra pisana del suo maestro, il grande matematico e fisico Benedetto Antonio Castelli.
L’ Aggiunti, a soli dieci anni di distanza dalla condanna del “De revolutionibus” di Copernico da parte della Congregazione dell’Indice dei libri proibiti, non esita ad abbracciare senza timore e senza dissimulazione la dottrina copernicana.
“La libertà intellettuale era per lui -osserva la Maggini- norma di vita e di giudizio” e certo allo studio della matematica l’Aggiunti dovette la predisposizione alla filosofia, nonché all’imperturbabilità dell’anima e quindi alla felicità. Ne fa fede il rapporto di amicizia che ebbe con Galileo (cui fu presentato dal Castelli), come risulta dalle numerose lettere nelle quali alle considerazioni scientifiche si alternano note di colore, come lo scambio anche di tartufi, cantucci e liquori (non si vive di sola scienza!).
La seconda parte del libro riveste particolare importanza, se si pensa che nessuno degli opuscoli scientifici dell’Aggiunti è stato stampato: “Fra le carte sparse e disordinate -scrive Santori- emerge una grande autonomia di giudizio, che si manifesta non solo sotto forma di obiezioni sensate (non solo a Galileo, anche al Castelli), ma soprattutto con ricerche personali ed intuizioni non trascurabili”. Il Santori ha pertanto il merito di aver proceduto alla prima analisi sistematica dei manoscritti, redatti naturalmente in latino, rivendicando allo scienziato biturgense la scoperta della capillarità, ossia della vera causa fisica del salire dell’acqua nei tubi capillari, e, forse, anche la prima intuizione della massa inerziale e della trasmissione intraossea del suono.