E45, paradosso vecchia Tiberina: i soldi per rifarla c'erano, affossata dalla burocrazia

La Provincia non la vuole franata tra le sue strade, diventa comunale ma la Corte dei Conti blocca il finanziamento statale. Morale? Impercorribile per le frane ora che servierebbe

La vecchia tiberina e la frana

La vecchia tiberina e la frana

Arezzo, 18 gennaio 2019 - E’ una di quelle storie di ordinaria burocrazia che dicono dell’Italia più di qualsiasi libro di storia o di sociologia. Il caso di un finanziamento da 2,6 milioni che fosse stato erogato avrebbe ora evitato la spaccatura dell’Italia e che invece è sempre rimasto fermo per il veto del governo dell’epoca. Ma conviene forse ripartire dal principio, da quando, alla fine degli anni ’90, a E45 già ampiamente in esercizio, l’Anas decide di declassare la vecchia statale Tiberina che andava in Romagna dal valico di Verghereto e che adesso è solo una strada di interesse locale.

L’arteria (si fa per dire) diventa dunque provinciale in Romagna e in Umbria. La Provincia di Arezzo rifiuta invece di prendersi il carico il suo tratto, da Pieve Santo Stefano a Canili, perchè è già ampiamente massacrato dalle frane cui è particolarmente esposta perchè si snoda su un percorso tutto orientato ad est, il chela rende ombreggiata e priva di sole per gran parte della stagione invernale. Oltretutto, quel pezzo di Tiberina passa proprio sotto il monte ed è quindi continuamente a rischio di essere invasa dai massi che si staccano dall’alto con l’erosione del gelo e precipitano sul fondo stradale.

La responsabilità se la prende Giovanni Cardinali, allora ingegnere capo della Provincia e ora consulente di Confindustria per le grandi infrastrutture: l’Anas paghi prima il ripristino del percorso. Niente da fare, col risultato che la legge obbliga il Comune di Pieve Santo Stefano ad accollarsi la Tiberina, declassata in quel tratto addirittura a Comunale. Si va avanti così a strappi.

La strada resta a servizio almeno delle comuntià locali e delle case isolate sparse lungo il percorso. Finchè nel 2012 il ripetersi delle frane non obbliga alla chiusura definitiva. Dire che almeno a quel punto qualcuno dovrebbe preoccuparsi del fatto che va fuori esercizio l’unica alternativa locale alla E45. Stavolta c’è scappato il decreto di sequestro, ma fosse arrivata una nevicata (non infrequente) o si fosse verificato un incidente con conseguente paralisi della superstrada? Non ci pensa nessuno, nè all’Anas nè altrove.

Solo Cardinali si ricorda della questione e quando mette a punto il dossier infrastrutture per Confinfustria (che ora dice: è questa la prima emergenza) sottolinea la necessità del ripristino della E45 e della vecchia tiberina: è vero che è un budello stretto e tortuoso, è vero che è destinata probabilmente a creare delle code nel traffico in uscita dalla superstrada, ma almeno eviterebbe di fronteggiare sul posto un’emergenza che adesso ha obbligato a individuare viabilità alternativa lunga anche cento chilometri in più.

Oltretutto senza risposte per le esigenze della popolazione locale. Un altro che si preoccupa della Tiberina, se non altro perchè il problema ce l’ha in casa, è il sempiterno sindaco di Pieve, Albano Bragagni. Che alla fine, a forza di bussare da una porta all’altra, spunta il famoso finanziamento da 2,6 milioni.

Siamo nel 2016 e ci sarebbe stato il tempo di rimettere in sesto la strada, riaprirla e usarla adesso come risposta all’emergenza. Niente da fare: il governo dell’epoca congela lo stanziamento, lo stato non può finanziare una Comunale. Ecco perchè ora per un viadotto di 200 metri sequestrati bisogna allungare il percorso a dismisura. E’ l’Italia, bellezza, va presa per com’è.