
I sopralluoghi sul viadotto
Arezzo, 4 ottobre 2019 - L’incubo è durato otto mesi e venti giorni. Fino alle 16 di ieri pomeriggio quando la E45 è tornata ufficialmente transitabile anche per i «bestioni» della strada, i Tir dalle 30 alle 44 tonnellate (il massimo consentito) che erano rimasti esclusi dalle riaperture parziali precedenti, quelle di febbraio al traffico leggero e luglio al traffico pesante ma non troppo.
Certo, restano i limiti delle due corsie (quelle centrali) e della velocità non superiore ai 40 km l’ora, che vuol dire attraversare il Puleto a passo d’uomo, in un tratto appenninico che da Sansepolcro a Bagno di Romagna è un susseguirsi di cantieri, sensi alternati, gallerie solo parzialmente utilizzabili.
L’emergenza della superstrada (la E45) più lunga e più scassata d’Italia resta, anche se all’Anas garantiscono che al termine dei lavori di ammodernamento sarà un’altra storia. Comunque sia, intanto è una bella boccata d’ossigeno per l’economia locale e di mezza Italia. Perchè il traffico merci, dicono gli esperti, viaggia soprattutto sui Tir da 44 tonnellate, quelli coi quali si fa il pieno carico dei prodotti agricoli e di quelli industriali. I camion sotto le 30, invece, servono soprattutto i mercati più vicini.
La Orte-Ravenna, insomma, con tutti i suoi immensi difetti, che da soli richiederebbero fior di cahier de doleance, torna ad essere l’alternativa all’ Autostrada del Sole nel tratto appenninico, l’unica altra trasversale che taglia l’Italia da nord a sud.
Si chiude (momentaneamente, in attesa dei lavori di ristrutturazione che con la buona stagione dovrebbero riguardare sia il Puleto che gli altri viadotti del tratto aretino) l’emergenza economica, si apre la battaglia giudiziaria. Perchè l’Anas ancora non lo dice ufficialmente, ma fonti ufficiose lasciano intendere chiaramente che dalla perizia del professor Claudio Modena emerge la conferma di quanto l’azienda ha sempre sostenuto: non c’è mai stato un rischio crollo.
Lo si dedurrebbe proprio da quello che è il passaggio chiave della relazione secondo le indiscrezioni: non c’è pericolo per la staticità del ponte, anche alla luce dei lavori svolti. Ma il cantiere aperto da febbraio, spiegano gli uomini dell’Anas, non ha compiuto alcun intervento di consolidamento del viadotto, anche perchè non li poteva compiere alla luce del divieto di alterare lo stato deiluoghi.
Ergo il Puleto era sufficientemente solido anche quando fu posto sotto sequestro (lo è ancora) il 13 gennaio. Degrado c’era, ammettono le stesse fonti, ma non al punto di mettere in discussione la sicurezza di chi ci passava sopra.
Dalla Procura per ora nessuna risposta ufficiale, si attende di capire meglio e le carte da giocare vengono tenute nel mazzo in attesa dell’udienza del 25 ottobre nell’aula del Gip Piergiorgio Ponticelli, il giudice che firmò il decreto di sequestro e anche quello che ha disposto la perizia. Non parlano neppure gli indagati (cinque dirigenti dell’Anas) e il loro avvocato.
Ma la linea di difesa pare abbastanza chiara: non c’è stata nessuna omissione di manutenzione (il reato, minore ma simbolico, che viene contestato dal procuratore capo Roberto Rossi) che abbia messo in dubbio la stabilità del Puleto. Posizione radicalmente opposta rispetto a quella dei consulenti dell’accusa, gli ingegneri Antonio Turco e Fabio Canè, che invece avevano paventato il rischio di collasso del viadotto, in particolare dei cuscinetti di cemento fra piano stradale e piloni e dei guard rail. La questione penale è più calda che mai