Caterina: 3 medici indagati L’abbraccio, poi i funerali

Ipotesi omicidio colposo. Alle 10 sarà aperta la camera ardente nella cappellina. Domani pomeriggio la cerimonia nella chiesa di Alberoro. Un paese in lutto

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Le braccia di un paese sono spalancate, pronte per lei. Caterina stamani torna a casa e la porticina in legno della cappellina di San Giovanni si aprirà di nuovo, cigolando, come una settima fa: è questa l’ultima "culla" della bambina che ha toccato il cuore di un pezzo d’Italia, insieme alla sua mamma, Cristina Rosi, 39 anni, con il corpo segnato dagli effetti di un arresto cardiaco al settimo mese di gravidanza e il sorriso sempre luminoso, al padre Gabriele Succi che si è caricato sulle spalle il macigno di un dolore troppo grande, anche per un giovane uomo poco più che quarantenne.

E’ stato lui a gestire i giorni dolorosi del distacco, quando la bambina di due anni e mezzo si è arresa nel reparto dell’ospedale pediatrico Meyer per un’infezione polmonare che non le ha lasciato scampo. Eppure Caterina aveva sempre superato i momenti più bui dei numerosi ricoveri per i problemi legati alla respirazione, ma stavolta non ce l’ha fatta e il suo cuoricino non ha retto. Stamani la salma rientrerà ad Alberoro dall’istituto di Medicina legale di Siena dove ieri pomeriggio è stata eseguita l’autopsia disposta dal magistrato della procura di Arezzo, Marco Dioni, nell’ambito dell’inchiesta con al centro quattro medici indagati. Adesso ci vorranno sessanta giorni per conoscere la verità.

Stamani, a partire dalle 10 sarà aperta la camera ardente e le persone potranno riprendere quel mesto pellegrinaggio interrotto in fretta e furia dalla necessità di eseguire l’esame sulla salma con l’obiettivo di capire se esiste un nesso tra la nascita della bimba e la sua morte. E’ questo che il magistrato vuole appurare. Domani alle 15 sono fissati i funerali nella chiesa di Alberoro dove Caterina ha vissuto gli ultimi mesi della sua breve vita insieme alla madre, rientrata a casa definitivamente nel mese di luglio dopo due anni passati tra cliniche, ospedali e istituti di riabilitazione. Ieri i tifosi della squadra di calcio del Dante hanno esposto uno striscione per Caterina con la scritta "Ciao piccola principessa". "Non chiediamo fiori per Caterina ma offerte che saranno devolute al reparto di pediatria dell’ospedale San Donato dove mia figlia è stata seguita con dedizione dal primario, il dottor Martini e da tutto il personale medico e infermieristico", sottolinea Gabriele che a quel reparto dove Caterina è stata ricoverata molte volte, ha già donato materiali e presidi sanitari che non ha fatto in tempo a utilizzare per le cure di cui necessitava la figlia, assistita giorno e notte. Una decisione che ha il senso dell’umanità di un genitore che prova a metabolizzare il dolore pensando ad altri bambini che stanno soffrendo. "Abbiamo pensato a questo gesto per esprimere la nostra gratitudine a tutto il personale del reparto ma anche per dare una piccola mano ai bambini che sono accolti e seguiti, sopratutto quelli che si trovano in maggiore difficoltà. Il materiale che non serve più a Caterina, potrà essere utile alla loro guarigione. In questi due anni e mezzo ho girato molti ospedali e mi sono reso conto della sofferenza dei bambini, le persone più fragili da proteggere. Penso che Caterina sarebbe contenta ed è un modo per diffondere la sua memoria".

Oggi sopra la piccola bara bianca chiusa, scivoleranno le mani di quanti si sono presi cura della bimba per l’ultima carezza e delle persone che hanno seguito la vicenda di questa famiglia, la storia di due genitori che hanno desiderato a lungo un figlio e a due mesi dalla nascita, il momento più bello, sono sprofondati nel buio della malattia (Cristina) e nella complessità di una situazione di fronte alla quale ogni persona sarebbe spiazzata, impreparata, trafitta dalla disperazione. In questi due anni e mezzo, Cristina, Caterina e Gabriele sono andati avanti con coraggio e la speranza, un giorno, di ritrovarsi tutti insieme nella villetta di Alberoro dove tutto è cominciato. E’ accaduto a maggio con il primo incontro tra madre e figlia, poi da luglio la famiglia ha potuto riunirsi. Solo pochi mesi insieme, prima di un’altra, terribile prova.

Lucia Bigozzi