Etruria, la corte d'appello annulla le sanzioni di Consob: da Bankitalia quadro chiaro

Per ora la sentenza riguarda solo i sindaci ma si va verso un'applicazione a tutti i vertici della banca. "La commissione sapeva già tutto a fine 2013"

Proteste a Banca Etruria

Proteste a Banca Etruria

Arezzo, 9 agosto 2018 - La Consob sapeva fin dal dicembre del 2013 della gravissima situazione in cui si trovava Banca Etruria, grazie ai documenti e alle informazioni ricevute da Bankitalia, e dunque le sanzioni comminate ad amministratori e sindaci per le supposte mancate informazioni contenute nel prospetto dell'aumento di capitale di fine 2013 sono frutto di un procedimento avviato tardivamente. Con questa motivazione la Corte d'Appello di Firenze ha annullato alcune sanzioni emesse dall'authority di Borsa nel 2017 in relazione alla vicenda Banca Etruria.

Le sanzioni annullate sono quelle che riguardano il collegio dei sindaci revisori multato a suo tempo dalla Commissione per le società e la borsa: Massimo Tezzon, presidente e già segretario della stessa Consob (84 mila euro), Paolo Cerini, Gianfranco Neri e Carlo Polci (72 mila euro ciascuno), tutti sindaci revisori, più Andrea Orlandi (144 mila euro), già consigliere d'amministrazione si vedono dunque cancellare le somme da pagare,di 30mila euro. E' presumibile che gli stessi principi di diritto applicati dalla corte d'appello, possano valere per gli altri ricorrenti, fra cui c'erano tutti i vertici della banca e che dunque si possa arrivare a un annullamento generale delle sanzioni.

Nel motivare la decisione i giudici esaminano le interlocuzioni tra le due authority e contestano la tesi secondo cui la Consob avrebbe avuto solo nel maggio del 2016 «la disponibilità di tre fondamentali documenti» di Bankitalia relativi alla situazione di Banca Etruria (la nota rivolta alla banca del 24 luglio 2012, i rilievi dell'ispezione formulati il 5 dicembre 2013 e la nota inviata direttamente al Presidente Etruria il 5 dicembre 2013). Anche se è vero che Consob non ha ricevuto la nota del 24 luglio 2012 è «documentalmente dimostrato che, ben prima di tale momento» l'authority «era sicuramente venuta a conoscenza di documenti di Banca d'Italia» sullo stato di Etruria «ben più pregnanti e significativi» e dunque tali «da dover costituire il presupposto per le verifiche di sua competenza».

Inoltre il rapporto ispettivo di Banca d'Italia su Bpel «era sicuramente conosciuto da Consob quantomeno a febbraio 2014» e «Banca d'Italia ha sicuramente trasmesso a Consob i risultati dei propri accertamenti ispettivi del 2013» a inizio dicembre 2013. «Ancora più significativa» è la nota riservata di Bankitalia a Consob del 6 dicembre 2013 in cui Bankitalia dice chiaramente che Etruria non è «più in grado di percorrere in via autonoma la strada del risanamento», imponendone l'aggregazione con un altro istituto e riservandosi «ogni ulteriore iniziativa ritenuta necessaria ad assicurare condizioni di sana e prudente gestione e a tutelare i depositanti della banca». «Di più Banca d'Italia non poteva dire a Consob», affermano i giudici: «Non era abbastanza per Consob - si chiedono - per cominciare ad indagare sulla trasparenza e veridicità del prospetto dell'offerta al pubblico delle azioni in aumento di capitale che si era avuta nei mesi precedenti?».

Sapendo Consob dal 6 dicembre 2013 che Etruria «era sull'orlo del commissariamento a meno che non si fondesse con una banca più grande - concludono i giudici -, delle due l'una»: se l'authority sospettava che il prospetto dell'aumento di luglio 2013 fosse stato «falso e fuorviante», avrebbe dovuto «cominciare subito l'indagine». Se invece avesse accertato che era veritiero «non si poteva irrogare alcuna sanzione».