
Giulio Carlo Vecchini
Arezzo 3 aprile 2021 - “Mare di mezzo, oltre il confine”, le parole della canzone della band aretina La casa del vento la raccontano perfettamente. La canzone Mare di mezzo infatti prende il nome dalla chitarra che il liutaio cortonese Giulio Carlo Vecchini ha costruito con i legni dei barconi dei migranti sbarcati a Lampedusa. Ne conserva intatti i graffi e i colori, ma anche le storie. E’ stata suonata la prima volta sul palco di Arezzo Wave da Fausto Mesolella e poi ha fatto il giro d’Europa in tour con Francesco Moneti e i Modena City Ramblers, è stata suonata e imbracciata da musicisti, artisti, giornalisti, personaggi pubblici, tutti testimonial contro i tragici naufragi del Mediterraneo diventato una grande tomba, artisti come Patti Smith, Santana, Noa, Cecilia Strada, Pif, Bandabardò, Finardi, Cristicchi, Ascanio Celestini, Alessandro Benvenuti, Rondelli, Cisco, Marc Ribot, Capossela, Bob Geldof, Dubioza Kolektiv, Franz Ferdinand, lo scrittore Carlo Lucarelli e decine di altri. Ha un valore talmente simbolico da essere diventata l’emblema della giornata del rifugiato. La sua storia ne racconta cento altre, proprio come le vite a cui vorrebbe dare voce e che quella voce e la vita invece l’hanno perduta. Sarà lo stesso Vecchini a raccontarla domenica 4 aprile alle 12,25 su Rai 3 nella rubrica “Mediterraneo”.
Non a caso l’omonima canzone della Casa del Vento serve a raccogliere fondi per la Mediterranea Saving Hunans Ape. Ma questa chitarra, pezzo unico, sta facendo da apripista ad altri progetti. Vecchini ha realizzato un’altra chitarra a forma di Africa ispirandosi al manifesto del Live Aid di Bob Geldof del 1985, venduta poi all’asta per costruire una liuteria a Nairobi. Adesso il liutaio cortonese sta costruendo un basso ganza, poco conosciuto in Europa, strumento a percussione della cultura magrebina, per continuare a interpretare suoni e voci del mondo. Senza confini.