Remorini e il giallo delle donne. Oggi si pronuncia la Cassazione

Sta per concludersi definitivamente una delle vicende più dolorose

Massimo Remorini (foto Umicini)

Massimo Remorini (foto Umicini)

Viareggio, 19 aprile 2017 - La giustizia italiana potrebbe scrivere oggi stesso la parola fine su una delle vicende più dolorose della storia recente viareggina. E’ infatti in programma a Roma il terzo e definitivo grado di giudizio per Massimo Remorini, principale imputato per la scomparsa di Velia Carmazzi e Maddalena Semeraro. Condannato a 38 anni in primo grado, pena confermata anche in appello.

Oggi attorno alle 10 di mattina inizia il processo in Cassazione. Dopo l’intervento del procuratore generale, l’avvocato difensore del commerciante viareggino Massimo Landi proverà a minare le basi della tesi dell’accusa fatte proprie dal Tribunale nei primi due gradi di giudizio. A suo avviso resta inattendibile la testimonianza di Tureddi, principale accusatore di Remorini, così come resta senza fondamento giuridico la ricostruzione della Procura sulla morte delle due donne. In particolare l’accusa imputa a Remorini la morte colposa di Velia Carmazzi a causa della condizione di degrado in cui viveva nella roulotte a Torre del Lago; e gli attribuisce il dolo eventuale per il decesso di Maddalena Semeraro. In sostanza, per l’accusa, dopo la morte della prima donna, Remorini avrebbe dovuto prendere provvedimenti per evitare che morisse anche l’anziana madre.

Assieme a Remorini è stata condannata a 16 anni la 57enne viareggina Maria Casentini, difesa dall’avvocato Eriberto Rosso: era la badante di Maddalena Semeraro.

Il giallo delle donne scomparse deflagrò nell’estate del 2010 dalla denuncia di David Paolini che si rivolse ai carabinieri per segnalare la scomparsa di sua madre e sua nonna. Fu allora che per la prima volta venne scoperto il campo degli orrori, un terreno fra Viareggio e Torre del Lago dove era parcheggiata una roulotte dove vivevano in condizioni disumane Velia Carmazzi di 59 anni e sua madre Maddalena Semeraro, ottantenne. Remorini, che David Paolini chiamava ‘zio’, disse agli inquirenti che le due donne erano andate via spontaneamente e che non sapeva dove fossero. Una versione che non aveva mai convinto gli investigatori che a lungo cercarono i cadaveri o i resti delle due donne. Senza fortuna. Perché a distanza di sette anni di quei corpi non c’è traccia. E’ qui che entra in ballo la testimonianza chiave, quella di Francesco Tureddi – inattendibile per la difesa in quanto inizialmente imputato nella vicenda – che rivelò che aveva aiutato Remorini a sbarazzarsi dei corpi. Sulla base di quella testimonianza (tureddi è stato assolto da ogni accusa) e di altri riscontri investigativi si è arrivati alla condanna a 38 anni confermata in appello. Condanna che oggi verrà definitivamente esaminata anche in Cassazione.