PATRIZIA PEPPOLONI
Cronaca

Terremoto, la rabbia di Norcia: "Hanno pensato più al turismo che alle persone"

Molta gente infuriata davanti alle barelle dei pazienti trasferiti nel piazzale antistante l'ospedale, sotto il sole

Norcia distrutta: la chiesa di San Benedetto

Norcia distrutta: la chiesa di San Benedetto

Norcia, 31 ottobre 2016 - Le ultime scosse hanno acceso la rabbia. «Perchè Norcia non è solo turismo ed economia da far ripartire – dicono in tanti – ma soprattuto vite umane e case da salvare». Già, perchè ormai è chiaro che questo è un terremoto anomalo, che ha già devastato oltre ogni immaginazione il territorio e che apre un futuro denso di incognite.

Per questo fa male vedere le barelle con i malati, anche terminali, disseminate sotto il sole, davanti al piazzale dell’ospedale di Norcia, già evacuato in precedenza (dopo le scosse del 26 ottobre erano rimasti aperti solo il pronto soccorso, pochi uffici e ambulatori). Simonetta Rubini, nipote di un malato terminale disteso su un lettino, sotto il sole, è arrabbiata: «Perchè non hanno pensato prima di tutto agli aspetti sanitari, a realizzare un ospedale da campo ad esempio, una tenda dove accogliere eventuali malati o feriti. Il rispetto dei malati, anche in queste emergenze, è la prima cosa».

Ed è proprio il personale sanitario a rincarare la dose, a mettere il dito nella piaga: «La situazione è grave – dice la dottoressa Ada Emili mentre cerca di assistere tutti come meglio può, insieme ai suoi colleghi –, stiamo cercando di fare tutto quello che possiamo con le persone che sono arrivate da noi. Stiamo mettendo a disposizione anche dei farmaci (raccolti in fretta negli ambulatori e messi nelle scatole, finite su un tavolo tra le barelle all’aperto), disponibili per chiunque li chieda. Fin dalle scosse di agosto noi avevamo chiesto un ospedale da campo, una diversa sistemazione per i malati ma non si è ritenuto di dover dare seguito alla richiesta.

Ci hanno detto che il pronto soccorso e gli uffici erano agibili e tutto è andato avanti così da agosto scorso, quando si è aperta l’emergenza. Poi sono arrivate le altre scosse e tutto si è complicato». Sonia Petrucci, coordinatrice infermieristica del pronto soccorso e del 118 è sulla stessa lunghezza d’onda e racconta anche la sua fuga precipitosa da casa, visto che vive in zona.

«Praticamente sono anche io salva per miracolo – dice –, dopo la prima scossa (quella di ieri alle 7.41 ndr) sono fuggita di casa praticamnete scalza e ho visto crollare anche la vicina chiesa , poi sono venuta subito in ospedale. L’avevamo detto subito che era meglio che ci portassero via da questo stabile, le crepe ci sono. Avevamo chiesto subito un ospedale da campo. Ci hanno detto in quel momento di stare tranquilli. Il fatto è che con quello che sta succedendo qui la situazione va ripensata in toto. E sarebbe giusto ragionare, lo dico da residente, anche se la ricostruzione va fatta qui o in una ‘New Norcia’, se così si può dire.

Bisogna capire una volta per tutte che la priorità sono le vite umane, la sicurezza della gente, la salute e che putroppo bisogna fare i conti con un fenomeno naturale devastante, che potrebbe comportare scelte anche dolorose ma, se necessarie, andranno fatte». E Sonia Petrucci pone anche l’accento su un altro aspetto, quello del doppio dramma che vive chi svolge le professioni sanitarie o di assistenza: «Noi abbiamo anche delle famiglie, per cui mentre ci occupiamo degli altri, con dedizione e passione, abbiamo anche il cuore altrove, con i nostri familiari che stanno vivendo questo incubo».