A piedi nudi sul pack del Polo Sud: Zomer, maratoneta di cinque deserti

Pratese, è il terzo al mondo a compiere l’impresa in un solo anno

Franco Zomer in marcia in uno dei deserti affrontati

Franco Zomer in marcia in uno dei deserti affrontati

Prato, 15 gennaio 2017 - La marcia sul quinto deserto percorso nel 2016 ha deciso di chiuderla a piedi nudi. Sul ghiaccio dell’Antarctica, il luogo più freddo della terra, Franco Zomer ha tagliato il traguardo senza scarpe. Pantaloncini corti, maglietta e zaino sulle spalle e parrucca arancione sulla testa. «Perché i sogni mettono i brividi e io me li sono voluti godere tutti. I brividi ti attraversano tutto. E io volevo che il sogno mi attraversasse tutto».

Per il 51enne osteopata trapiantato a Prato ormai da dieci anni, il 2016 da poco chiuso è stato un anno record. La corsa è ormai da tanto tempo una compagna di vita per Zomer. Sia quella più estrema, che quella da classico podista.

Dal 2009 ha fondato “Maratonabili”, una Onlus che permette a persone diversamente abili di partecipare a manifestazioni podistiche. Proprio per raccogliere fondi e dare visibilità a “Maratonabili”, è nata l’idea di fare l’impresa. Quella del Grand Slam Plus: 5 percorsi a tappe da affrontare in un anno solare attraverso i deserti di Sri Lanka, Sahara, Gobi, Atacama e Antarctica. Prima di Zomer, in tutto il mondo ci erano riusciti in tre, due canadesi e un americano. Dallo scorso 27 novembre sono diventati quattro.

Zomer, perché affrontare l’estremo del Grand Slam Plus?

«Ai miei amici confessai che volevo cambiare macchina... poi invece ho deciso di affrontare questa avventura (ride). Il sogno era diffondere in tutto il mondo le idee della nostra associazione “Maratonabili”. Ci sono riuscito».

Dietro a questa sfida, non c’è però soltanto un fine legato alla solidarietà.

«C’è un viaggio per ritrovare sé stessi, per riscoprirsi. E’ stato un percorso spirituale, nel quale a 50 anni suonati mi sono riscoperto. Affrontare tante difficoltà insieme a persone provenienti da tutto il mondo ha cambiato la mia percezione dei problemi del quotidiano. Ho fatto pace con caldo, freddo, dolore e paura. Ho imparato ad ascoltare gli altri, le loro idee, le loro esigenze».

Ha a che fare con corse estreme dal 2007, ma questa volta il concetto di estremo è stato davvero massimo.

«I momenti di difficoltà sono stati tanti. Fin da subito. Nella prima tappa in Sri Lanka ad esempio abbiamo ritardato la partenza per la presenza di elefanti, bufali e tigri sul percorso di gara. La notte prima di iniziare il Grand Slam Plus ho avuto incubi e paura e mi ha aiutato pensare a tutte le persone che dall’Italia tifavano per me, affinché lottassi per portare a compimento questo percorso».

Oltre alla forza della natura, è stata una full-immersion di socializzazione. Ha qualche ricordo in particolare?

«In ogni gara ho incontrato persone diverse. Anche diversamente abili che si mettevano in gioco. Ho avuto il piacere di conoscere ragazze del Pakistan che nel corso delle tappe affrontate in Sri Lanka hanno di fatto contribuito con la loro partecipazione a diffondere un messaggio di libertà e divertimento. Un no alla repressione legata a questioni religiose».

Qual è la sua missione?

«Lottare per trasformare l’impossibile in possibile. far crescere sempre più la nostra Onlus, creando a Prato un centro nazionale con una sede ufficiale».

E sul piano personale?

«A settembre parteciperò all’edizione 2017 del Tor des Geants. Il senso della sfida e dell’estremo rimangono sempre dentro di me».