La Procura insiste: "Allo Stato il tesoro dell'ex boss Felice Maniero"

Santa Croce, a metà dicembre processo a Venezia sulla confisca dei beni sequestrati in Toscana

L'avvocato Venturi mentre esce dall'aula

L'avvocato Venturi mentre esce dall'aula

Santa Croce sull'Arno, 2 dicembre 2017 - E' caccia serrata in Svizzera ad altri conti (ne sarebbero spuntati di nuovi) riconducibili all’ex boss della Mala del Brenta Felice Maniero. Ma intanto a metà dicembre – davanti la sezione ‘Misure di prevenzione’ del tribunale di Venezia – sarà discusso il processo sulla confisca dei beni operata nell’ambito dell’operazione scattata dopo che Felicetto ha messo, nell'inverno scorso,  gli investigatori sulle tracce del suo tesoro. Una scelta, fatta con dichiarazioni alla Dda, dopo che sua sorella Noretta si era separata dal marito al quale Faccia d’Angelo sostiene di aver consegnato 33 miliardi del vecchio conio ricevendone indietro solo una piccola parte. Così nel gennaio scorso scattarono le manette per Riccardo Di Cicco, il dentista di Fucecchio, ex cognato di Maniero, e per Michele Brotini, broker di Santa Croce che avrebbe assistito l’odontoiatra per riciclare i soldi provento di furti, rapine e traffici illeciti. Furono inoltre posti i sigilli a numerose automobili, due case, a Santa Croce e a Marina di Pietrasanta, polizze assicurative, conti correnti bancari e titoli, mobili e orologi costosissimi per un valore attorno ai 17 milioni. I pubblici ministeri insistono per la conferma della confisca a favore del fondo unico di giustizia dello Stato. 

In questo processo sul confisca ci sono il dentista, Noretta Maniero e il figlio a cui erano intestati alcuni beni. Di Cicco è assistito dal penalista pisano Giulio Venturi che spiega: «La versione del mio assistito è molto chiara – dice il legale – lui sostiene di aver ricevuto da Maniero circa dieci miliardi del vecchio conio e di averli restituiti tutti comprensivi di interessi». «Di Cicco è reo confesso, ha ammesso di aver custodito i soldi e di averli portati in Svizzera», precisa Venturi. A Maniero sarebbero stati fatti report periodici sulla collocazione dei soldi nei vari conti gestiti anche da Brotini e su gli interessi. «Pizzini» che poi, ovviamente, venivano strappati per non lasciare traccia. La restituzione? In contanti, con valigette piene di fogliettoni. Il primo conto per riciclare i soldi che Felicetto aveva guadagnano a suon di crimini fu aperto nel 1994 a Ginevra. La caccia, aperta dalla rogatoria che ha portato all’individuazione del conto cifrato «Monastero» – sul quale sono transitati 4milioni e mezzo – è dunque ancora aperta. C’è chi sostiene che «Faccia d’Angelo» abbia accumulato un maxi-tesoro ben più grande di quello che ha fatto ritrovare fin qui.