Accusato di narcotraffico, ottiene i domiciliari in canonica

Santa Croce, si tratta del 53enne colombiano che avrebbe fatto da "ponte" per una partita di cocaina da oltre 50 chilogrammi

Cocaina (foto di repertorio)

Cocaina (foto di repertorio)

Santa Croce sull'Arno, 13 febbraio 2018 - Ottiene la detenzione domiciliare in canonica. E’ un altro capitolo della storia legata al comprensorio del cuoio di Jeorge Cardena Bermudez, colombiano, 53 anni, unico detenuto di una vicenda di narco traffico che unisce Santa Croce, San Miniato e Fucecchio alla Colombia. La corte d’appello di Firenze ha accolto l’istanza dei suoi avvocati – Marco Meoli e Tiziana Mannocci – che ha avuto come perno le braccia aperte del cappellano del carcere nel cui gesto, senza dubbio, c’è l’impegno all’accoglienza con fini rieducativi. E’ stato il sacerdote della casa circondariale di Prato, vista la buona condotta del 53enne, il suo atteggiamento mite, ad offrire la disponibilità ad ospitare il colombiano che è in cella dal 24 luglio del 2015 quando scatto il blitz dell’operazione ‘Mexcal condotta dai militari del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Pisa, e coordinata dal pm Angela Pietroiusti della Dda della procura di Firenze.

Operazione che lasciò a bocca asciutta un gruppo di 11 persone – tra questi imprenditori del Comprensorio – che avevano cercato nel commercio della droga guadagni più facili in questi tempi di magra. Così invece di rivolgersi alle banche o di chiudere le attività – secondo il teorema accusatorio (tutti i loro avvocati stanno preparando il ricorso per Cassazione) – avevano deciso di rifinanziare le loro aziende con i proventi che pensavano di ottenere attraverso la vendita di grossi quantitativi di cocaina acquistata direttamente in Colombia. Così, secondo gli inquirenti, grazie a collegamenti con soggetti appartenenti anche alla così detta ‘Mala del Brenta’, erano riusciti ad aver contatti con la Colombia da dove era partito il primo carico di 54,450 chili di cocaina purissima - trovata dagli inquirenti sotto un carico di banane – che, una volta immessa sul mercato, avrebbe fruttato circa 10 milioni di euro.

Il «magazzino» della droga importata dal Sud America avrebbe dovuto essere, secondo le accuse, nella sede di una ditta di autotrasporti internazionali a Santa Croce. Tutta questa operazione avrebbe avuto un «uomo ponte» che doveva accertarsi che tutto andasse a buon fine (insieme ad un connazionale che riuscì a fuggire): il colombiano, di professione commerciante, trovato in possesso di documenti per import export alimentare, a cui il cappellano de «Le Dogaie», don Leonardo Basilissi, offre una possibilità. L’uomo, durante la detenzione, è stato solo raggiunto una volta in Italia dalla mamma. In carcere da più di due anni non riceve visite, se non quella degli avvocati e si è sempre comportato bene: anche il Procuratore generale ha dato parere favorevole ad una misura meno afflittiva. In appello Jeorge Cardena Bermudez è stato condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione. «Mi hanno detto che aveva bisogno – ha spiegato don Basilissi – e non mi sono tirato indietro. Lo ospito direttamente in casa». «Ho ospitato – conclude Basilissi – persone da tutto il mondo, anche italiani. Cosa ho imparato? A non giudicare mai»