Istigazione alla jihad, deliri sul web del giovane arrestato: "Disposto a morire per l'Islam"

Secondo il giudice il ragazzo "dimostra di non gradire che venga denigrata l'azione terroristica dell'Isis"

Jalal El Hanaoui

Jalal El Hanaoui

Pontedera, 9 luglio 2015 - Negli ultimi giorni aveva iniziato a navigare con Tor, un sistema in grado di garantire l’anonimato, e neanche un mese fa aveva espulso dalla pagina Facebook «Musulmani d’Italia» un ragazzo che aveva postato un video nel quale l’Isis minaccia di attaccare Parigi, Roma, la Casa Bianca, e che poi inveiva contro l’Islam. Jalal El Hanaoui per il giudice – si legge nella corposa ricostruzione che accompagna la richiesta d’arresto – «dimostra di non gradire assolutamente che venga denigrata l’azione terroristica dell’Isis». Sui social – nelle vesti di Valerio Rosato – il pasticcere diventato nell’ultimo anno un fervente praticante dell’Islam, intrattiene tante tipologie di conversazioni che fanno emergere i contorni di un altro volto rispetto a quello conosciuto. Volto che gli è valso le manette lasciando di stucco ex colleghi, amici e un intero paese.

Tra le conversazioni ce n’è una con un iraniano che ha vissuto 24 anni in Italia, laureato al Politecnico di Milano, e rientrato in patria per studiare il corano e diventare Ayatollah. Con lui Jalal parla di Komeini – politico e fondamentalista – dicendo «che ci vorrebbe in Arabia Saudita e anche qui da noi». In un caso poi – scrive il Gip Anna Liguori – quando scritto dal marocchino di 25 anni arrestato dalla polizia a Ponsacco, è stato rimosso dalla stessa società titolare dei social network in quanto ritenuto non rispettoso dagli standard della comunità di Facebook. Questo il post: «La Danimarca ha fatto sapere che non pubblicherà le vignette blasfeme (hanno imparato una lezione). Mentre i francesi, maledetti, hanno fatto sapere che pubblicheranno altre vignette. Lo capiranno presto con la forza che tutto ha un limite». Invece pochi giorni prima di lasciare il lavoro nella pasticceria industriale dove era molto stimato dichiarava – in questo caso come Jalal El Mellali – «di essere disposto a morire pur di richiamare il popolo all’Islam».

Poche settimane dopo inneggiava alla lapidazione ritenendola pena necessaria per chi da sposato commette atti di fornicazione provati da gravidanza o confessione. Più recentemente come Valerio Rovato, «esprimeva posizioni integraliste, esortando ove necessario i musulmani a picchiare le mogli in quanto “Allah ne sa di più“. Poi, invece, come Jalal El Andalusi pubblicava un’immagine in cui era raffigurato il sigillo dello Stato Islamico «ed in uso all’organizzazione terroristica Isis». Il quadro dei gravi indizi di colpevolezza, per il Gip, è evidente e supportato dagli esiti di un capillare lavoro d’indagine a carico di questo marocchino, conosciuto a Ponsacco fin da ragazzino, figlio di persone in Italia da decenni. Un ragazzo che fino ad una manciata di mesi fa frequentava amici e andava in discoteca: ora invece parla delle donne che devono abbassare gli occhi e «far scendere i veli». Nessuno a Ponsacco immaginava questi «altri» volti del giovane che avevano visto giocare a calcio o incontravano al bar.

Carlo Baroni