Riparbella (Pisa), 8 ottobre 2016 - “MIO PADRE stava morendo e la dottoressa non lo guardava neanche”. Kelvin Martinez ha 27 anni, è il figlio di Giovanni Antonio Giobbe, l'uomo morto a Riparbella dopo essere stato colpito da fuoco amico mentre erano a caccia. La tragedia, avvenuta a lo scorso maggio, è uno dei episodi che hanno fatto scattare le segnalazioni e quindi la sospensione di un medico.
“Ho ricordi un po' confusi di quella notte – dice il figlio dell'uomo – ma l'atteggiamento del medico mi colpì. Mio padre era sulla collina, in fin di vita; sono stato tra i primi ad arrivare e c'erano solo i volontari delle ambulanze. Siamo stati noi a portarlo fino all'ambulanza, il medico io non l'ho visto finchè non lo abbiamo caricato. Lei compilava moduli e le uniche parole che mi ha rivolto sono state per chiedermi i dati anagrafici. Ma quando sono arrivato sulla collina mio padre non era ancora morto, mi stringeva la mano, l'ho sentito esalare l'ultimo respiro in ambulanza”.
I volontari hanno tentato di rianimarlo ma il danno dei colpi di fucile al petto era troppo grave. “Dopo me lo hanno detto i medici dell'ospedale, la gravità del danno era irrimediabile. Ma a me non interessa, sei un medico, scendi dall'ambulanza e vai a vedere di persona”. L'incidente di caccia è avvenuto in collina, quella notte pioveva, l'ambulanza lì non poteva arrivare. “Eppure mio zio – racconta ancora Kelvin – si era offerto di portarcela con il fuoristrada, lei però ha detto di no”. Quello che racconta il giovane è surreale, ben si capisce come chi si sia trovato in quella situazione o in altre simili non abbia potuto fare a meno di denunciare la cosa.
“Quando siamo arrivati con la barella davanti all'ambulanza il medico era dentro, aveva la testa bassa e scriveva. Neanche ci ha guardato. Mia mamma quando è arrivata lì si è sentita male, e non è scesa neanche in quel momento”.E la testimonianza dei volontari della Misericordia di Riparbella conferma tutto quanto. "Non ci era mai capitata una cosa del genere. Lo stavamo tentando di rianimare e aspettavamo il medico per le valutazioni ma dopo dieci minuti e più ci hanno detto che non sarebbe venuta. Quindi lo abbiamo caricato in barella. Il danno era troppo grave ma non spetta a noi volontari fare certe valutazioni, spetta il medico e lei quella sera il suo lavoro non lo ha fatto". C'è stata anche una discussione quando i volontari hanno richiamato la dottoressa per soccorrere la moglie dell'uomo. "Subito dopo abbiamo riferito al nostro governatore e quindi al 118, per telefono, in modo che venisse registrato e ne rimanesse traccia".
Tutto questo avviene a maggio, sul posto ci sono i volontari della Misericordia di Riparbella e quelli della Pubblica Assistenza di Cecina. Qualcuno non ci sta e fa una nuova segnalazione che però, evidentemente non arriva a destinazione, ai responsabili Asl. O almeno non sorte alcun effetto, neanche stavolta.
Finchè il racconto di questi comportamenti non raggiunge il sindaco che non può fare a meno di contattare la procura tale gli pare la gravità di quello che sente. E di infuriarsi con la direzione Asl. Tutto questo avviene prima dell'estate; a settembre scatta il provvedimento disciplinare che sospende dal servizio il medico per tre mesi. Ma le indagini sono in corso.