Insultata perché indossa il velo. La forza di Sara, ragazza di frontiera

Nata in Marocco, cresciuta a Spezia: "Le cose possono cambiare"

Sara

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La Spezia, 23 novembre 2015 - Sara è bella. E questo lo vedono tutti. Nonostante la cura con la quale porta il suo velo nero sopra il cappotto color cammello. O forse proprio per questo. E’ bella dei colori della differenza. Ha la franchezza ostentata dei suoi vent’anni. Ed è una ragazza di frontiera, in marcia verso il ‘non so che’ dei nostri tempi. Ieri in via Prione c’era anche lei, a indossare la bandiera della pace.

Sara, perché porti il velo?

Perché sono musulmana ed è una scelta suggerita dal senso di pudore. Ma non la vivo come un’imposizione. Semplicemente, un paio di anni fa mi sono svegliata una mattina e ho voluto provare la sensazione di camminare per strada con il capo coperto. Era la mia dimensione e non ho più voluto fare senza.

Non ti piacerebbe mostrare i tuoi capelli?

Non mi interessa. Posso farlo tra le mura di casa.

Cosa pensi della situazione di tensione che si respira a livello internazionale?

Penso che i musulmani siano il primo vero obiettivo dei terroristi. Chi adotta la tecnica dello stragismo non lo fa in nome della religione: al contrario, usa l’Islam come paravento dietro il quale nascondere le proprie mire. La ‘Jihad’ non è una guerra di fede, è l’insegnamento con cui il profeta incita il suo popolo a difendere la patria e la religione: una battaglia di pace, non di morte.

Ti senti rispettata nel paese nel quale vivi?

In genere sì. Rispettata e anche apprezzata nella mia diversità. Anche se a volte capitano episodi spiacevoli, come quello di domenica scorsa, sull’autobus Lerici-Spezia.

Cosa ti è successo?

Ho preso la corsa delle 16.30. C’era un posto libero, mi sono avvicinata per occuparlo, ma non ho fatto in tempo, perché la signora seduta di fianco ci ha piazzato sopra la borsetta. Era una donna di mezza età. Si è voltata verso una ragazza seduta dietro e ha detto: "La vedi questa? E’ una di loro: ammazzano gente innocente e poi pretendono di essere trattati da persone civili".

E tu come hai reagito?

Non ho reagito. Non ne sono stata capace. Le lacrime sono salite agli occhi più tardi, e quando sono arrivate è stato proprio per il senso di impotenza, il rimpianto e la colpa di non essermi opposta a questa ingiustizia. Se non avessi avuto il velo, non si sarebbe neppure accorta di me.

Cosa te lo fa pensare?

Mamma ha sempre temuto le discriminazioni. E in più di una circostanza ne è stata vittima lei stessa. Per questo, quando ho manifestato l’intenzione di portare il velo, si è opposta. E dopo i fatti di Parigi, ha paura che il velo possa diventare un simbolo di appartenenza scomodo, che la mia scelta di indossarlo possa espormi a rischi. Sono timori fondati. E i miei genitori stanno addirittura valutando l’ipotesi di rientrare in Marocco. Io vorrei restare e il clima che si respira a scuola mi fa ben sperare. Penso che le cose possano cambiare, che i ragazzi di oggi possano essere adulti migliori.

In che senso?

A scuola nessuno mi ha mai oltraggiato o discriminato per la mia scelta di portare il velo. I compagni e gli insegnanti mi rispettano. Esattamente come io rispetto loro e la loro religione. In classe c’è un crocifisso appeso alla parete ed è giusto che sia così, perché questo è un paese cristiano. Da bambina con i compagni facevo il presepe. E oggi frequento l’ora di religione. Anzi, l’insegnante di religione è un’amica: con lei mi confido, ed è alla sua porta che busso quando ho bisogno di conforto.

Come si esce da questa situazione?

Non lo so. Forse, imparando a conoscersi.

r.d.m.