Matematica, algoritmi e libertà. Dal rischio del controllo alla creatività

Le riflessioni del professor Carlo Toffaroli al Festival della Mente

Carlo Toffaroli

Carlo Toffaroli

Sarzana, 3 settembre 2015 - IL DIFFICILE rapporto tra matematica e libertà. O, più chiaramente, tra il voler organizzare in termini quasi algoritmici ogni aspetto della vita umana e l’esigenza di evitare che questo si traduca in forme di controllo totale, di inaridimento della creatività. E’ anche questo uno dei temi che saranno al centro dell’incontro con il professor Carlo Toffaroli, sabato pomeriggio, nell’ambito del Festival della Mente. Anticipiamo qualche spunto in questa intervista.

Professor Carlo Toffaroli, che cosa significa approccio matematico alla realtà?

«Mi riferisco al fatto che la matematica è presente, magari in forma nascosta, in tante evenienze della nostra vita. C’è un approccio algoritmico alla vita che spesso avviene tramite l’informatica, tramite il computer, ma altrettanto spesso è regolato da procedure, idee e strategie che nascono all’interno della matematica».

La matematica regola le nostre vite?

«C’è questo intervento matematico che può anche essere preoccupante, nel senso che oggi imperversano nelle università, nelle scuole e credo anche nelle aziende codici etici in cui si spiega cosa fare, cosa non far, a chi rivolgersi, e sembra che tutto sia programmato, tutto sia regolato. Non voglio dire che questo possa avvenire in termini matematici ma sembra che sotto sotto il principio ispiratore sia quello di trovare un algoritmo, una regola per tutto».

E questo è un bene o un male?

«C’è quel pericolo da cui metteva in guarda in maniera molto bonaria Flaubert quando diceva “la matematica inaridisce il cuore”, lui lo riferiva ai benpensanti della sua epoca».

Le procedure, anche laddove limitano la libertà, non semplificano e chiariscono meglio gli ambiti della responsabilità?

«Se ne può parlare. Se vogliamo estendere il discorso, il rischio sotto sotto è quello del grande fratello di Orwell. La volta che tutto è regolato, semplificato, prestabilito anche per il comportamento all’interno di una comunità, l’uomo sale o scende? La sua libertà, la sua volontà e indipendenza sono avvantaggiate o sono sminuite se non addirittura annullate? E’ un pericolo, se ne può discutere».

Ma la matematica, lei dice, non è solo quello.

«Non voglio dire che questo rischio non ci sia, ma voglio dire anche che la matematica non è solo questo. Anche nell’esercizio degli algoritmi, anche nella ricerca di queste procedure, anche nella ricerca della matematica astratta c’è anzitutto una utilità ma c’è anche una leggerezza, una giocosità, una creatività una fantasia che certamente colpisce. E’ quella leggerezza della pensosità di cui parla Calvino, io credo, nella prima delle lezioni americane. Lui dice: non è la superficialità, la frivolezza; è la levità, la capacità di cogliere nel modo più brillante la realtà, anche quella più complicata e difficile, semplificandola in questo senso».