Mobbing, fa causa all’Autorità portuale e chiede un milione di euro

Fallito il tentativo di conciliazione

La Spezia, 24 agosto 2016  - IL PRIMO tentativo di conciliazione davanti al giudice del lavoro non ha sortito effetto; c’è sempre tempo (potenzialmente) per arrivare ad un accordo e riporre le armi, ma intanto il magistrato ha fissato per il 21 settembre l’interrogatorio delle parti. La causa in questione è per mobbing. Si tratta della causa che, sul piano del quantum rivendicato dal ricorrente, è la più importante finora oggetto di trattazione al palazzo di giustizia della Spezia dopo quella, clamorosa, che fece notizia nel 2005 (la contrapposizione tra una dipendente civile della Difesa e il Ministero che si risolse a favore della prima, a cui venne riconosciuto il diritto ad un risarcimento danni per 377mila euro). Ora la contrapposizione, davanti al giudice Gabriele Romano, riguarda un dipendente dell’Autorità portuale e suoi superiori: lui chiede un risarcimento pari ad un milione e 50mila euro. La citazione è stata notificata al presidente, ad un dirigente e un funzionario dell’ente di via del Molo.

PER ANNI – secondo il ricorso monumentale di 225 pagine presentatodal ricorrente – il lavoratore avrebbe sopportato vessazioni e prevaricazioni sul posto di lavoro, sarebbe stato costretto a digerire demansionamenti, mancati avanzamenti di carriera e angherie tali da provocargli anche un danno alla propria salute. L’uomo, assunto alla fine degli anni Novanta, dopo qualche tempo avrebbe cominciare – a suo dire – a subire soprusi.carriera.

Il lavoratore è assistito dall’avvocato Roberto Valettini di Aulla. Agli atti, nel ricorso, ci sono ben 1.100 episosi posti ad elemento di prova del mobbing.

UNA MERA montatura; pretese sconsiderate, secondo la controparte che, assistita dagli aavvocati Marco Luperi e Cesare Bosio, nell’ambito della procedura in materia di cause di lavoro, è stata chiamata dal giudice ad esperire un tentativo di conciliazione; la proposta è stata quella di una ricollocazione del ricorrente, all’interno della macchina organizzativa, ad livello superioree di un indennizzo per alcune decine di migliaia di euro.

Lui, di fronte alle avvisaglie delle prospettazioni dell’Ap, ha fatto sapere che non ne vuole sapere, senza però dare corso alla chiusura vera e propria del tentativo di conciliazione stesso, che resta aperto. La forbice dei posizionamenti resta comunque elevatissima. Nello specifico il lavoratore chiede un indennizzo di oltre 300mila euro per il danno biologico: secondo una perizia redatta da una clinica privata, a causa dei comportamenti vessatori avrebbe patito un grado di invalidità temporanea pari a 350 giorni, e un’invalidità permanente del 35%. A questi, nel ricorso vengono aggiunti anche i danni esistenziali e patrimoniali, per il mancato avanzamento di carriera - quantiticato in 210mila euro e spiccioli - per la mancata professionalizzazione, e per la mancata corresponsione del premio del sabato e del premio di produzione a partire dal 2008; il lavoratore, sostenendo di essere stato demansionato a più riprese, anche nell’aprile del 2004, ha chiesto un ulteriore risarcimento di poco più di 382mila euro.

Corrado Ricci