Legano la figlia al termosifone, genitori nei guai. Denunciati per sequestro di persona

Svolta nell’inchiesta dopo la liberazione della ragazza in crisi d’astinenza

Un intervento di polizia

Un intervento di polizia

La Spezia, 3 ottobre 2017 - Ci ha pensato su; da una parte il codice penale, dall’altra la sensibilità umana verso due genitori disperati per la tossicodipendenza della figlia. Limitare la libertà della persona, anche ammesso che essa sia consenziente e seppur il gesto è ispirato da amore e premure, è comunque un reato. E in quanto tale il pm Maurizio Caporuscio lo ha formalizzato, procedendo a piede libero nei confronti dei genitori.

Sequestro di persona. Questa l’ipotesi d’accusa prospettata, con corredo di aggravante, quella prevista nei casi in cui il sequestro si inquadra nell’ambito dei rapporti familiari.

Un processo tutto da seguire, non tanto per la conoscenza delle persone per le quali l’anonimato resterà garantito fino all’ultimo grado di giudizio a tutela della figlia vittima e comunque alle prese con una patologia; ma per gli interrogativi e la solidarietà che comunque suscitano due genitori che, per evitare che la figlia ricadesse nella tentazione della droga, erano arrivati poi al punto di legarla ad un termosifone. «Lo hanno fatto col mio consenso» avrebbe poi detto la ragazza ai poliziotti intervenuti nell’abitazione dopo il suo appello al 113.

Forse anche quella giustificazione rientra nell’alveo dei rapporti premurosi, là dove è la stessa figlia a comprendere l’operato di papà e mamma?

Il pubblico ministero non ha fretta di chiudere il cerchio delle indagini che dovranno passare dall’interrogatorio dei protagonisti della storia; non fosse altro per l’ingorgo degli eventi da codice penale che si sono rincorsi nel fine settimana. Del resto la figlia non ha voluto abbandonare la casa dove abita e dove è stata legata. Non ci sarebbe un’emergenza relazionale. Il caso, dopo l’eco suscitata, è ora al centro delle istituzioni preposte ad occuparsi dei percorsi di recupero dei ragazzi finiti nel tunnel della droga. Ma con metodi rispettosi della persona. La «detenzione» più a meno o leggera è un reato, seppur poi la valutazione del contesto dell’azione e l’analisi di eventuali scriminanti processualmente pesa.

Fanno scuola le vicende di Vincenzo Muccioli, il fondatore della comunità terapeutica di San Patrignano. Il 16 febbraio 1985 fu condannato per sequestro di persona e maltrattamenti per avere incatenato alcuni giovani della comunità. Nel novembre 1987 la Corte d’Appello assolse l’imputato per gli stessi reati e la sentenza di assoluzione fu confermata dalla Cassazione nel marzo del 1990.

Corrado Ricci