Trespiano, croci divelte e lapidi spaccate: viaggio choc nel cimitero

Erbacce, rifiuti, cappelle abbandonate, muri che cadono a pezzi. Ecco cosa abbiamo trovato nel camposanto più grande di Firenze DI ELENA MARMUGI

Una delle numerosi croci staccate e abbandonate sul terreno (Giuseppe Cabras/ New Press Photo)

Una delle numerosi croci staccate e abbandonate sul terreno (Giuseppe Cabras/ New Press Photo)

Firenze, 1 novembre 2014 - «QUI S’ACQUIETA ogni procella che la mente dell’uomo mesce e travaglia». Recita la scritta su una lapide davanti al Tempio crematorio. L’intenzione non è certo quella di turbarla la quiete del cimitero di Trespiano ma di rendere meno faticosa la visita, già ovviamente triste per gli sfortunati a cui tocca. Dunque un tentativo di dare più decoro, di rendere, passi il termine, più accogliente e in certi casi addirittura decente l’ambiente in cui ci si trova immersi nel momento in cui si oltrepassa la monumentale cancellata di ferro del cimitaro.

IL SILENZIO c’è perché i defunti non reclamano ma di brutture, di segni di incuria se ne vedono un po’ ovunque all’interno del cimitero. E non è solo questione di usura, di invecchiamento dei materiali o colpa delle intemperie: si tratta di trascuratezza. Finito il viale di ingresso, oltrepassati i sacrari dove riposano i caduti delle due guerre, scendendo a piedi il vialetto sulla sinistra, cartina alla mano perché i riferimenti per orientarsi scarseggiano, si arriva alla sezione P dove ci sono tombe vecchie, rotte. Croci di marmo spezzate e abbandonate lì, ciondoloni sulle lapidi che ancora resistono solo perché poggiano su solidi viottoli lastricati non come quelle, poco più avanti, inghiottite dalla terra. Nel quadrante accanto a tratti sembra di camminare sul burro talmente il terreno è molle. E’ da settimane, per essere ottimisti, che guardando giù dal muretto che limita i quadrati Q e R si vedono tombe molto inclinate. E’ come se vacillasse anche l’ultima spalla su cui piangere, come se il francobollo di terra dove tutto dovrebbe rimanere immutato e quindi infrangibile, all’improvviso si sbriciolasse. Passiamo oltre, la nostra stella polare monte Morello ci guida verso la zona più lontana rispetto all’ingresso, il quadrato 14. Per arrivarci si passa davanti al «Giardino della rimembranza», dedicato all’inumazione delle ceneri dei defunti.

UNA POTATINA all’erba renderebbe più ordinato il contesto. Nulla di risolutivo rispetto al dramma che abbraccia chi si trova a dover compiere il rito ma un gesto, una cura dovuta. Nella struttura su due piani che si affaccia sulle colline la sensazione di abbandono prevale su quella di pace. Pochi i fiori, molte lapidi soprattutto nei corridoi al piano terreno sembrano proprio abbandonate ma questo, sappiamo, non è colpa degli addetti. Sono i familiari dei defunti a dover tenere in ordine, a meno che non si faccia riferimento a un curatore di tombe. Altri costi. Nessuno vuol farne una questione di vile denaro piuttosto forse servirebbe riflettere su come potrebbero essere organizzati meglio alcuni servizi. Decoro, si torna lì. Come questione di decoro è la pulizia dell’ascensore che porta al piano superiore: seminuovo ma sporco da fare schifo. E’ tutto sgarrupato. Risalendo dal quadrante 4 gli alberi sembrano proprio stanchi di vivere. Ed eccoci di nuovo sul viale principale con le tombe di famiglia su ambo i lati. Sulla sinistra il tempio crematorio, 60 scalini per arrivarci. Da fuori vi si accede dall’entrata secondaria molto più agilmente, stando attenti a non farsi investire, ma ancora non c’è neanche un marciapiede che costeggi le mura del cimitero. Il progetto è fermo. L’unica speranza arriva da Palazzo Vecchio con l’assessore Sara Funaro che punta a coinvolgere giovani e volontari per il restyling dell’area. «Dobbiamo ancora prendere contatti ma contiamo di partire entro pochissimo tempo».

 

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