Papa Francesco alla Caritas. "Avete la Papessa"

Il pranzo alla mensa dei poveri, con il pontefice che scherza e che taglia il dolce. Un ospite gli regala un cappellino delle Ande

Papa Francesco alla mensa della Caritas (Marco Mori/New Press Photo)

Papa Francesco alla mensa della Caritas (Marco Mori/New Press Photo)

Firenze, 11 novembre 2015 - Ecco la Chiesa ospedale da campo, incidentata e bella perché viva e buona samaritana nelle vie delle città. E’ la Chiesa alla tavola della mensa della Caritas di San Francesco Poverino, in piazza della Santissima Annunziata, alla quale, poco dopo le una, si è iscritto ieri con tanto di tesserino Papa Francesco, a tavola con una sessantina di persone bisognose (anziani, giovani senza fissa dimora, immigrati). Alla mensa si sono seduti, idealmente ma concretamente, anche i detenuti di Sollicciano che hanno realizzato l’altare per la messa allo stadio e che hanno mandato in dono al Papa anche due bottiglie di vin santo. E proprio ai detenuti, al termine della messa allo stadio, Francesco ha riservato un grazie particolare. Piatti e posate di plastica per un menù doc: ribollita, che il Papa ha molto apprezzato, spezzatino di carne, purè di patate, macedonia, una schiacciata alla fiorentina zuccherata con lo stemma pontificio e cantuccini di Prato. Vino rosso della diocesi, il bianco prodotto dai detenuti dell’isola di Gorgona, il famoso ‘Galeotto’. L’acqua? Di rubinetto depurata. Tutto è preparato con cura. Il direttore della Caritas, Alessandro Martini, fa gli onori di casa, accompagnato dal cardinale Giuseppe Betori. E alla «regia» c’è Elisabetta Battistini, che guida la mensa da diversi anni, e che il Papa indica a tutti: «Lei è la papessa, avete la papessa». Prima di mangiare il Papa ha recitato una preghiera.

I commensali sono tutti seduti intorno a un’unica, grande tavola. Sono cattolici, ma anche musulmani e di altre confessioni religiose. Sono giovani, meno giovani e anche molto anziani. Tutti vogliono fare un regalo al Papa. C’è chi ha preparato una lettera, un messaggio, una pianta o un cappello andino, come Wilfredo: «Il Papa è stato molto contento di questo dono delle Ande – racconta – Io sono dell’America Latina come lui, perciò mi è piaciuto portargli un cappello del mio paese Acobamba, della provincia di Tarma in Perù».

Al pranzo Francesco ha bevuto un goccio di vin santo. Lo sa bene Hassan, marocchino, 19 anni, che si è portato via, «come portafortuna», il piatto, il bicchiere del Papa e un avanzo di cantuccino: «Mi sembrava al tempo stesso un principe e uno tsunami, qualcosa che ti travolge– dice – E’ stato gentile con tutti e ha scherzato per tutto il pranzo. A un certo punto ha tagliato il dolce col proprio coltello». Il Papa ha salutato i commensali uno per uno e a ciascuno ha donato un rosario: «Resistete in questo momento di difficoltà. E pregate per me». A una donna che si faceva i selfie ha fatto una battuta: «Ora mi devi pagare perché ti sei fatta la foto con me...». Shipleva, bulgara, ripensa al pranzo: «Si sentiva una grande pace, come se ci fossero stati migliaia di angeli intorno a noi mentre mangiavamo». L’emozione ritorna in Francesco, il capocuoco, e nel suo aiuto, Bekim: «Una spontaneità che non ti aspetti». Papa Francesco, commenta Martini, «traduce nel comportamento le cose che ha detto in cattedrale: è un uomo semplice e vero, ci ha radicato ancora di più in una passione al servizio dei poveri».

Michele Brancale

Leonardo Biagiotti

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