Fiorentina, l'addio di Pasqual: "Speravo la mia avventura finisse qui"

L'ex capitano ha salutato, dopo 11 anni, i tifosi, la Fiorentina e la città intera.

Il saluto di Pasqual (Germogli)

Il saluto di Pasqual (Germogli)

Firenze, 18 maggio 2016 - Stavolta le lacrime sono rimaste al loro posto. Ma quando Raffaele Righetti  - all'epoca dirigente viola che fece firmare materialmente il primo contratto in viola - ha ufficialmente 'introdotto' Manuel Pasqual nel Museo della Fiorentina il groppo alla gola è venuto a entrambi. Questo il momento di massima emozione durante la conferenza stampa con cui l'ex capitano ha salutato prima di tutto i tifosi, alla Fiorentina e alla città intera. Un'ora di chiacchierata con i giornalisti durante la quale Pasqual ha ribadito il suo ringraziamento a chi lo ha sostenuto e applaudito in questi lunghi undici anni. Sorrisi e parole dolci per tutti, dal presidente Andrea Della Valle ai tanti compagni con i quali ha condiviso questa straordinaria avventura. Uno solo, mai chiamato per nome, ma facilmente identificabile: Paulo Sousa. Eh sì, con il tecnico portoghese il rapporto proprio non è decollato. Dai gradi di capitano tolti 'senza un perché', per finire a un generico 'non essere rientrato nei piani tecnici'. Decisioni mai comunicate guardandosi negli occhi, ma avvenute sempre, per il numero 23, sempre attraverso altre persone. Ma il rammarico più grande è stato quello di non aver vinto con la Fiorentina, ma solo accarezzato i trofei, come la Coppa Italia e l'Europa Legue, ma "aver conquistato l'affetto dei fiorentini" è la sua vittoria più prestigiosa.

Ma allora perché andare? Ecco qua il perché: "I giocatori non restano solo per il volere della società: speravo di finire la mia avventura qui. L'anno scorso ho trovato poco spazio e ad ottobre non ero contento perché mi sentivo in grado di dare ancora tanto. Il comparto tecnico mi disse che se non ero felice potevo anche andar via, se avessi trovato una soluzione. Alla fine c'era una squadra che mi voleva ma il presidente ADV mi disse che dovevo restare qua perché mi stimava". Insomma, stima della società, poca da altri: "Dovevo capire quale fosse il mio ruolo dentro la squadra: se avessi fatto 10-12 partite avrei accettato, ma se devo essere considerato un peso preferisco andare via, anche se la società mi ha fatto capire che gli è dispiaciuto. Il presidente mi ha fatto capire che non rientravo più nel progetto tecnico. Mi dispiace solo che questa decisione non mi sia stata detto in faccia da chi ha fatto questa scelta. Spero che questo mio saluto sia un arrivederci".

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