Fiorentina, Julinho: un amore infinito

Martedì 17 maggio in regalo con il giornale in edicola il poster del brasiliano che stregò Firenze

Julinho rimase tre stagioni alla Fiorentina, poi tornò in Brasile

Julinho rimase tre stagioni alla Fiorentina, poi tornò in Brasile

Firenze, 16 maggio 2016 - Quando, il 21 ottobre 2013, nella cerimonia annuale della “Hall of Fame” viola (che rende onore ai grandi campioni che hanno fatto la storia della Fiorentina) è stato fatto il nome di Julinho, i 600 presenti si sono alzati in piedi per un’ovazione durata diversi minuti. La cosa particolare è che i tre quarti (se non di più) delle persone in sala non hanno mai visto giocare Julinho, così come non lo hanno mai visto giocare i tifosi del club “Settebello“ che nei loro striscioni rendono omaggio ad Antognoni, Hamrin e, appunto, Julinho.

Un giocatore diventato mito, leggenda e non nel senso un po’ leggero con cui si celebrano tanti campioni che, in realtà, sono solo dei buoni giocatori. Il motivo è presto detto: preceduto dalla sua fama di campione della nazionale brasiliana (a partire dal famoso gol all’Ungheria nei mondiali del 1954) nei suoi tre anni in viola, Julio Botelho (detto Julinho, o “Giulino” alla fiorentina) ha fatto innamorare Firenze e ha incantato l’Italia con le sue finte e la sua eleganza, dando un contributo determinante per il primo scudetto viola, quello di 60 anni fa, nel ’55/’56.

Ecco perché “La Nazione” non poteva non inserire il suo nome tra i dodici protagonisti dell’iniziativa “Viola nel cuore” (undici giocatori, più un allenatore) con i poster in uscita il martedì e il giovedì. Proprio Julinho, infatti, sarà il protagonista del poster in omaggio domani con il giornale in edicola. Paragoni e classifiche attraverso i tempi, confrtontando epoche calcistiche lontane (per modi di giocare e non solo), sono sempre difficili, ma crediamo di non sbagliare nel dire che Julinho è stato il più grande giocatore che abbia mai vestito la maglia viola e certo una delle più grandi ali destre della storia del calcio, con la “sfortuna” di aver giocato negli stessi anni di Garrincha.

Quando arriva in Italia nell’agosto del 1955, dopo un lungo e faticoso viaggio in aereo, viene circondato da cronisti e fotografi e appena il commissario di polizia dell’aeroporto di Ciampino lo riconosce esclama: «Questo sì che che è un giocatore!». A Firenze scoprono subito che giocatore è Julinho: dribbling, finte ubriacanti, grande potenza, cross rasoterra, fughe imprendibili sulla fascia destra, una classe immensa: in maglia viola conferma in pieno la fama che lo precede.

Firenze si innamora di Julinho e Julinho si innamora di Firenze, anche se la nostalgia per il Brasile e la sua famiglia lo porta a lasciare una prima volta e poi, convinto da Bernardini a tornare, a fare un altro anno in viola per partire definitivamente nel ’58 e andare a giocare nel Palmeriras. Il legame di Julinho con Firenze e i fiorentini, però, resterà sempre e, in fondo, continua ancora adesso a 13 anni dalla sua morte. «Quando ero in Italia - raccontava la straordinaria ala destra brasiliana - soffrivo per la nostalgia della mia famiglia e di Penha (il quartiere di San Paolo dove era nato e dove tuttora vivono i figli, ndr). Quando sono tornato in Brasile soffrivo per la nostalgia degli amici che avevo a Firenze».

E oggi non c’è tifoso viola, dai più giovani a chi ha i capelli bianchi, che non conosca le imprese del brasiliano capace di trasformare il calcio in una danza elegante. Una danza che, ancora oggi, fa innamorare Firenze.

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