Omicidio Ciatti, «Il calcio mortale contro Nicco? È come se lo avessi preso io»

Il dolore del papà del giovane a Domenica In: non riesco a darmi pace

Niccolò Ciatti con la madre

Niccolò Ciatti con la madre

Firenze, 16 ottobre 2017 - «Non capisco ancora come sia possibile entrare in una discoteca per divertirsi e uscire senza vita». Luigi Ciatti ieri pomeriggio a Domenica In. Intervistato da Cristina Parodi insieme alla figlia, Sara. In collegamento da Firenze insieme agli amici del 22enne c’era la fidanzata Ilaria, che ha rinnovato l’appello ai testimoni di quella notte drammatica nella discoteca St. Trop di Lloret de Mar: chi sa parli, racconti dell’aggressione che è stata fatale a Niccolò.

«Da quando è successa questa cosa – ha detto Luigi Ciatti – non riesco a darmi pace su come sia possibile perdere la vita in un luogo dove si va per divertimento. Non riesco a capire fin dove possa spingersi la cattiveria delle persone. Non sono riuscito a guardare quel video tremendo che è stato messo in giro fin dalle prime ore. L’ho fatto solo qualche giorno fa, da quando cioè sono cominciate ad arrivare alcune testimonianze; qualcuno che mi ha raccontato chi sono quei ragazzi davanti a mio figlio. Ho visto quel video perché sono stato costretto, perché è come se quel calcio l’avessi preso io».

Il velo di omertà, dopo i ripetuti appelli della famiglia Ciatti, comincia a rompersi.

«Le indagini – ha detto ancora Luigi Ciatti – vanno avanti da due mesi; anche io comincio a farmi un’idea, ora che qualcuno mi ha chiamato, mi sta raccontando».

Secondo il papà di Niccolò Ciatti, tutti e tre i ceceni, e non solo Rassoul Bissoultanov, avrebbero avuto un ruolo nell’aggressione al figlio. In base alle testimonianze in possesso di Luigi Ciatti, raccontate anche a Cristina Parodi, il primo a colpire il figlio sarebbe stato Mosvar Magamadov, il ceceno con la maglia rossa nel video, mentre l’altro, ossia il ragazzo con la maglia rosa Khabiboul Khabatov avrebbe tenuto lontani gli amici di Niccolò mentre Rassoul sferrava il calcio mortale al 22enne già svenuto per i colpi ricevuti.

Una ricostruzione che dovrà comunque essere confermata dalle indagini e ritenuta credibile dal giudice nel processo, che avrà tempi lunghi (non prima di un anno). Tempi lunghi durante i quali la famiglia Ciatti continuerà a cercare giustizia e a testimoniare quello che era Niccolò: un ragazzo per bene, che un destino beffardo ha voluto strappare alla vita.

 

 

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