Il caso fine vita. "Lo Stato accolga il grido di dolore di mio padre"

Parla la figlia di Michele Gesualdi, malato di Sla, che ha scritto una lettera contro l’accanimento delle cure. "La sua tragedia serva alla collettività"

Michele Gesualdi

Michele Gesualdi

Vicchio (Firenze), 3 novembre 2017 -  «MI SEMBRA di essere in un frullatore, non ci aspettavamo tanto clamore. Adesso anche Saviano ha postato su Facebook l’appello di mio padre. Sta diventando qualcosa da controllare, perchè non ci scappi di mano il senso del suo appello».

Sandra Gesualdi, figlia di Michele, è messa a dura prova da questa altissima lezione di educazione civica impartita dal padre malato di Sla, che ha scritto una lettera contro l’accanimento delle cure.

In questo momento cosa vorrebbe per suo padre?

«Portare l’attenzione sull’appello di un allievo di Barbiana, di un uomo consapevolissimo, che ha scritto questa pagina perchè adesso è un uomo che soffre tanto e che da dentro questa sofferenza, che è come un acido che mangia di giorno in giorno, che ti fa vivere come se fosse nelle sabbie mobili, ragiona in modo nitido. E sa che adesso gli rimangono vivi solo il cervello, la testa, gli occhi».

Una lettera, una richiesta di aiuto?

«Un urlo e non solo per se stesso, ma per il mondo. Perchè bisogna che lo Stato, le leggi stiano ad ascoltare e ad accogliere queste urla. Michele è un cattolico che ha ribaltato la prospettiva: aspettiamo che ci diano risposte in chiave di civiltà legislativa. Non può passare questo essere dubbiosi su tutto».

E voi come famiglia, cosa vi aspettate in questo momento difficilissimo?

«Noi siamo come lui, soffriamo altrettanto e ci facciamo carico della malattia fisicamente. L’unico modo che conosciamo per reagire è gridare e perchè sia un grido corale deve avere dignità».

Quella di Michele...

«Sì, quella di mio padre. Che mette a disposizione la sua tragedia per la collettività. Non possiamo più accettare discorsi tipo ‘non succederà niente’ o ‘i politici sono tutti ladroni’. Intanto il suo appello mi pare sia servito ad accendere un dibattito. Per il momento non è poco».

Quanti messaggi avete ricevuto in questi giorni?

«Tanti, e il fatto che da cattolico abbia ribaltato le prospettive è già questo l’inizio di un risultato. In casa mio padre continua a scrivere e a parlare attraverso di me: lavoriamo insieme, perchè questa malattia è inversamente proporzionale. Più mina il corpo e più il cervello funziona».

Da quanto tempo è malato di Sla?

«La diagnosi è di tre anni fa, nel 2014, ma nell’ultimo anno ha fatto purtroppo passi da gigante: è una forma rara che gli ha preso i muscoli della deglutizione e della parola. Viverla come figlia è devastante, parlo di fine vita di un genitore. Ma questa lentezza ci ha permesso di regire e razionalizzare».

Suo padre in questi giorni ha paura di morire?

«Credo tanta, anche se è cattolico. La paura di un mondo sconosciuto, di salire su un treno che non sai dove ti porta può fare terrore. Ma soprattutto è la paura di lasciarci e di farci soffrire». Una persona speciale. «Ci ha dato grandissimi esempi e insegnamenti. Ma oggi è un nuovo babbo, molto più fragile. E noi siamo diventati nuovi figli».

 

La lettera integrale di Michele Gesualdi (clicca qui)

 

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