'Ho visto tutto, lei non c’entra'. Ma il testimone dell’incidente era falso

Automobilista rischia la calunnia per un amico spacciato per testimone

Una pattuglia della polizia municipale

Una pattuglia della polizia municipale

Firenze, 22 novembre 2017 - LA RICOSTRUZIONE della dinamica di un grave incidente stradale ha messo nei guai giudiziari un ufficiale e due vigilesse, accusati di più reati dall’automobilista coinvolta e dal suo amico e falso testimone; rifiuto di atti d’ufficio, falso ideologico, lesioni personali, abuso di autorità, violenza privata.

Ma il giudice Maurizio Caivano ha smontata ogni accusa e decisa l’archiviazione del procedimento contro i tre agenti, difesi dagli avvocati Sara Bruscoli (l’ispettore), Andrea Vascellari e Greta Catani (le vigilesse). Gli atti tornano al pm Leopoldo de Gregorio che procederà contro l’automobilista e il ‘testimone’ per calunnia nei confronti dei tre poliziotti municipali. Peraltro nel frattempo il pm avrebbe già richiesto il rinvio a giudizio di M.T. – il testimone – per resistenza a pubblico ufficiale. E sembra intenzionato a riesaminare le altre testimonianze pro automobilista.

5 OTTOBRE 2016, ore 21, incrocio viale Giannotti-via della Faggiola. L’auto condotta da C.C. tenta la svolta a sinistra verso piazza Elia dalla Costa mentre arriva un motociclo. Impatto forte, lo scooteristariporta diverse fratture (60 giorni di prognosi). Arrivano le vigilesse, poi l’ispettore. Notano che l’auto è avanti rispetto al punto d’impatto, la terza innestata. Pensano ad una manomissione della scena. C’è un testimone: assicura che l’automobilista ha fatto una manovra corretta. L’ispettore è perplesso: «E’ sicuro? E voi due (rivolto anche alla donna) vi conoscete?». Le indagini accerteranno che «non solo M.T. non era presente sui luoghi del sinistro, ma addirittura che è stato chiamato dalla donna, a incidente appena verificatosi... poi il cellulare di lui aggancia la cella di piazza Elia dalla Costa, l’area del sinistro, a riprova che è giunto sul posto...». Altri indizi secondo i vigili, i contatti tra i due su Facebook, risalenti a prima dell’incidente.

IL 17 OTTOBRE automobilista e teste sono in caserma, a Porta Romana. I vigili dubitano della ‘bontà’ e veridicità delle affermazioni del testimone: i rilievi del sinistro, dicono altro. Lei in attesa di entrare sente urlare: è il ‘testimone’ che strepita e dà in escandescenze. Accorrono due pattuglie. M.T. accusa l’ispettore di averlo colpito, pugni sul viso e sul torace. Arriva la Misericordia, ma non si fa ricoverare. Andrà all’ospedale poi. Lo ammanettano, sì, «ma ne danno atto gli stessi agenti verbalizzanti – scrive il giudice – che ne hanno motivato la necessità per il tempo strettamente necessario a riportare alla ragione la persona offesa». E ancora: le dichiarazioni di C.C (che accusa i vigili di aver riportato sue dichiarazioni sballate sull’incidente, ndc) e M.T sulle minacce e lesioni non appaiono credibili e sorrette da prove. La loro condotta appare finalizzata a screditare i vigili».

g.sp.

 

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