Corruzione: regali a cardiologi, dieci persone rinviate a giudizio

A processo i cardiologi fiorentini Luigi Padeletti e David Antoniucci, tre loro colleghi (di Ravenna, Arezzo e Pisa), un caposala dell’ospedale di Cisanello (Pisa) più quattro imprenditori

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Firenze, 5 luglio 2017 - Accusati di corruzione, chi per essersi fatto pagare soggiorni in occasione di congressi, chi vestiti, tablet, telefonini, o per aver fatto da consulenti, pagati, per società che dovevano piazzare gli ‘stent’ impiegati in cardiochirurgia per allargare i vasi sanguigni. Due cardiologi fiorentini di Careggi, due loro colleghi (di Ravenna e Arezzo), più quattro imprenditori del settore, sono stati rinviati a giudizio, ieri, su richiesta del procuratore aggiunto Luca Turco e del sostituto Giuseppina Mione.

Il giudice Mario Profeta ha disposto il rinvio a giudizio per 8 dei 10 imputati nell’inchiesta in cui s’ipotizza una corruzione nella fornitura di dispositivi medici ad ospedali.

A processo sono finiti Luigi Padeletti, direttore della Sod di aritmologia di Careggi, ora a Milano; David Antoniucci, direttore del reparto di cardiologia invasiva I di Careggi; Massimo Margheri, direttore dell’U.O. di cardiologia a Ravenna; Alessandro Fabiani, all’epoca dirigente medico in cardiologia, Usl di Arezzo; Marco e Rudy Bonaccini, rappresentanti per la fornitura dei presidi medico-chirurgici; Angelo Bernasconi, rappresentante di Sorin Grou(p Italia srl, e Massimiliano Collari (Cid spa).

Trasmessi gli atti alla procura di Pistoia per la posizione di Marco De Carlo (medico dell’U.O. malattie cardiovascolari a Pisa) e a quella di Pisa per Giampietro Ercoli, capo-sala a malattie cardiovascolari, Pisa. Per loro si deciderà in un’altra udienza preliminare. Atti a Pistoia e Pisa anche Marco Bonaccini, rinviato a giudizio a Firenze, limitatamente ad alcuni dei fatti contestati.

L’inchiesta della Guardia di Finanza ribattezzata ‘Cuore d’oro’ verte dunque su un ‘traffico di regalie’ in cambio dell’impiego nelle sale operatorie degli stent venduti dai rappresentanti che saldavano conti di alberghi e viaggi per congressi medici, regalavano capi di abbigliamento, sponsorizzavano convegni e affidavano consulenze ai medici. In gergo giuridico «utilità» rilevanti che hanno messo nei guai gli imputati mentre per altri 12 indagati la procura – decaduta l’ipotesi di turbativa d’asta – aveva già chiesta l’archiviazione, disposta dal giudice perché in questi casi le «utilità ricavate» sono state giudicate «minime, riconducibili a rapporti di amicizia» e comunque «non c’è prova di corruzione».

giovanni spano

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